La solenne dichiarazione di Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Matteo 16,16), rappresenta la pietra angolare della fede cristiana. Gesù stesso rivela (in Matteo 16,17) che è il Padre a illuminare Pietro, umile pescatore galileo, svelandogli l’identità divina del Figlio. Investito direttamente dal Padre e chiamato dal Figlio, Pietro diviene così l’apostolo designato a guidare e sostenere la fede della Chiesa: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa» (Matteo 16,18).
L’autorità conferita al primo Pontefice discende direttamente da Gesù. Questo atto fondativo non ammette interpretazioni che lo riducano a una semplice iniziativa umana, adattabile ai cambiamenti storici. Il teologo H. U. von Balthasar sottolineava che «Il Papa non è la santità oggettiva della Chiesa né fonda l’unità di quest’ultima; ha solo da reggere quella già costituita».
Questo ci fa capire che a nessuno è permesso semplificare o depotenziare – spogliandolo della sua autorità – l’incarico del Romano Pontefice, collocandolo a un livello inferiore rispetto a quello stabilito da Cristo stesso.
Come ricordava Papa Benedetto XVI nell’omelia d’inizio del suo pontificato (7 maggio 2005), il compito di ogni Successore di Pietro è «essere la guida nella professione di fede in Cristo, il Figlio del Dio vivente. La Cattedra di Roma è anzitutto Cattedra di questo credo». Di fronte a questo “credo”, Pietro – e con lui i suoi successori – ha la responsabilità di confermare la fede dei fratelli, pur nella consapevolezza delle proprie fragilità umane.
L’indispensabile sostegno della preghiera per il Papa
«Colui che è il titolare del ministero petrino – affermava con forza Benedetto XVI nella citata omelia – deve avere la consapevolezza di essere un uomo fragile e debole – come sono fragili e deboli le sue proprie forze – costantemente bisognoso di purificazione e di conversione». Da qui l’importanza vitale di affidarsi alle preghiere degli altri fedeli, come auspicato dallo stesso Benedetto XVI nel suo primo saluto dalla loggia delle benedizioni (19 aprile 2005): «soprattutto – diceva – mi affido alle vostre preghiere».
Anche Papa Francesco ha costantemente invitato alla preghiera per il Pontefice, concludendo regolarmente i suoi incontri e discorsi con l’accorato appello: «E per favore, ricordatevi di pregare per me!».
Tali presupposti ci dicono che tutti siamo responsabili del ministero petrino, e non è possibile considerare questo particolare compito stabilito da Dio una preoccupazione esclusiva del Papa. C’è una responsabilità alla quale ciascun cristiano è chiamato, proprio nei confronti di chi ha il compito di governare la barca di Pietro, anche se – lo sappiamo bene – non mancano i “contro rematori”.
“La Chiesa viene colpita pure da chi ne fa parte”
Oggi assistiamo, talvolta con colpevole indifferenza, alla crescente scristianizzazione in Europa e nel mondo. Le ragioni sono molteplici, ma è probabile che anche noi, fedeli battezzati, non abbiamo fatto abbastanza per difendere l’identità dell’esperienza cristiana. In alcuni casi, l’apertura al modernismo religioso e al disvalore cristiano si è insinuata proprio “dentro” la Chiesa, attraverso scelte e posizioni ideologiche in contrasto con la morale cristiana.
Già nel suo discorso del 7 dicembre 1968, Papa Paolo VI metteva in guardia: «La Chiesa attraversa, oggi, un momento di inquietudine. Taluni si esercitano nell’autocritica, si direbbe perfino nell’autodemolizione. È come un rivolgimento interiore acuto e complesso, che nessuno si sarebbe atteso dopo il Concilio. […] La Chiesa viene colpita pure da chi ne fa parte».
La rotta del Papa: la fiducia in Gesù Cristo
Le parole di San Paolo VI, pronunciate cinquantasette anni fa, mantengono intatta la loro forza e continuano a interpellare le nostre coscienze, rivolgendosi a tutti i cristiani, siano essi spettatori ingenui o protagonisti di questo inimmaginabile declino.
«Il Papa – proseguiva Paolo VI – non ritiene di dover seguire altra linea che non sia quella della confidenza in Gesù Cristo, a cui preme la sua Chiesa più che non a qualunque altro. Sarà Lui a sedare la tempesta. Quante volte il Maestro ha ripetuto: “Confidite in Deum. Creditis in Deum, et in me credite!”. Il Papa sarà il primo ad eseguire questo comando del Signore e ad abbandonarsi, senza ambascia o inopportune ansie, al gioco misterioso della invisibile ma certissima assistenza di Gesù alla sua Chiesa. Non si tratta di un’attesa sterile o inerte: bensì di attesa vigile nella preghiera. È questa la condizione, che Gesù stesso ha scelto per noi, affinché Egli possa operare in pienezza. Anche il Papa ha bisogno di essere aiutato con la preghiera».
In questi giorni che precedono il Conclave, per eleggere il nuovo successore di Pietro, la preghiera diventi davvero il principale strumento di comunione e di sostegno per il futuro della Chiesa e del suo Romano Pontefice.
Foto: Michelangelo Nasca
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