San Bernardo da Corleone (al secolo Filippo Latino), come dicono due testimoni, aveva un solo difetto: la focosità nel mettere mano alla spada quando veniva provocato! Come quella volta – l’ultima per il vivacissimo Filippo – che aveva ferito alla mano un superbo signorotto nel 1624; episodio che segnò vocazionalmente la vita del giovane siciliano, e che lo vide, otto anni dopo, vestire l’abito francescano dei Cappuccini.

Bernardo (questo il nuovo nome da religioso), passava con semplicità dalla cura degli ammalati al servizio in cucina e in lavanderia, per essere utile ai suoi confratelli, i quali, a loro volta, di lui dicevano: «Sempre ci esortava ad amare Dio e a fare penitenza dei nostri peccati»; «Si fermava volentieri di notte in chiesa perché – come egli spiegava – “non era bene lasciare il Santissimo Sacramento solo; egli li teneva compagnia finché fossero venuti altri frati”».

Il desiderio di Dio era talmente grande che persino l’aiuto offerto al sacrestano diventava per fra’ Bernardo l’occasione per rimanere vicino al tabernacolo dov’era custodita l’Eucaristia. Negli ultimi anni di vita, i suoi superiori – preoccupati anche per le continue penitenze offerte da Bernardo – gli affidarono come compito esclusivo il servizio dell’altare, così da poter rimanere sempre alla presenza del Signore.

Bernardo da Corleone morirà il 12 gennaio 1667 a soli 62 anni. Si racconta che prima di procedere alla sepoltura, i confratelli dovettero cambiare per ben nove volte l’abito religioso di fra’ Bernardo, ciascuno dei quali veniva ridotto a brandelli dai numerosi fedeli che desideravano conservarne una reliquia. Fu beatificato da Clemente XIII il 15 maggio 1768, e canonizzato da Giovanni Paolo II il 10 giugno 2001.

«Anche oggi – affermò Giovanni Paolo II durante l’omelia della canonizzazione del frate siciliano – il mondo ha bisogno di santi come Fra’ Bernardo immersi in Dio e proprio per questo capaci di trasmetterne la verità e l’amore. L’umile esempio di questo Cappuccino costituisce un incoraggiamento a non stancarci di pregare, essendo proprio la preghiera e l’ascolto di Dio l’anima dell’autentica santità».

Di Michelangelo Nasca

Direttore Responsabile, giornalista vaticanista, docente di Teologia Dogmatica. È presidente dell’emittente radiofonica dell’Arcidiocesi di Palermo, “Radio Spazio Noi”, e dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo.

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