Chi è il “catechista istituito” e che differenza c’è con i tantissimi catechisti “di fatto” che già da decenni preparano bambine e bambini alla prima comunione? La domanda sorge spontanea ed è infatti sorta in tantissime parrocchie, sin da quando Papa Francesco nel maggio del 2021, con il motu proprio “Antiquum ministerium”, ha creato questo ministero che si aggiunge a quelli più liturgici e antichi del lettore e dell’accolito.

Un ministero antico e moderno

Sia chiaro, anche quello del catechista è un ministero molto antico (come scrive il Papa) e, secondo alcuni teologi, se ne trova traccia perfino nel Nuovo Testamento quando san Paolo parla di “maestri” o san Luca di “insegnamenti” a Teofilo; il punto è che non è mai stato istituzionalizzato per i laici, visto che il compito, col passare dei secoli, è stato quasi esclusivo di vescovi e presbiteri. Il pontefice, nel motu proprio, lo dice chiaramente: il primo catechista nella diocesi è il vescovo, coadiuvato dal presbiterio, e anche i genitori hanno un ruolo primario nell’educazione dei figli ma questo non toglie a laiche e laici la possibilità di partecipare a questo servizio.

Ovviamente il documento pontificio ha un valore universale ed è nato anche per rispondere a quelle terre di missione in cui ci sono meno sacerdoti; una carenza che purtroppo, in questi ultimi anni, è diventata realtà nei Paesi di più antica tradizione cristiana e perfino nel nord e nel centro Italia, come abbiamo raccontato con due servizi su Torino e Perugia.

I possibili compiti del catechista

Ogni territorio però ha le sue peculiarità e quindi, al di là delle indicazioni di carattere generale, sono possibili degli adattamenti. La Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, a fine 2021, ha scritto una lettera alle conferenze episcopali fissando alcuni paletti: quello del catechista è anzitutto un ministero laicale e stabile che chiama a una corresponsabilità nella Chiesa locale per l’annuncio e la trasmissione della fede, sotto la guida di vescovi e parroci. Nel tempo il termine catechista ha indicato realtà spesso differenti, anche in base al territorio: in alcuni Paesi fa riferimento a chi ha il compito specifico della catechesi, in altri a chi si limita a una partecipazione a varie forme di apostolato.

La Congregazione suggerisce comunque di non conferire il ministero a chi si prepara al sacramento dell’Ordine, a religiose e religiosi, a chi “svolge un servizio rivolto esclusivamente verso gli appartenenti di un movimento ecclesiale”, agli insegnamenti di religione delle scuole. Né è opportuno, continua il dicastero, conferirlo a tutti coloro che fanno i catechisti di fatto: addirittura, per chi si occupa della preparazione di fanciulli e ragazzi, potrebbe essere più indicato il lettorato, lasciando il ruolo di catechista istituito a chi ha “un compito di formazione o una responsabilità nel coordinare tutta l’attività catechistica”.

Quanto ai compiti, se ne elencano alcuni possibili: “la guida della preghiera comunitaria, specialmente della liturgia domenicale in assenza del presbitero o del diacono; l’assistenza ai malati; la guida delle celebrazioni delle esequie; la formazione e la guida degli altri Catechisti; il coordinamento delle iniziative pastorali; la promozione umana secondo la dottrina sociale della Chiesa; l’aiuto ai poveri; il favorire la relazione tra la comunità e i ministri ordinati”. Il che non significa considerare il catechista un sostituto del prete o del diacono, ma come “un fedele laico che vive il suo battesimo in una feconda collaborazione e corresponsabilità con i ministri ordinati perché la loro cura pastorale raggiunga tutti”.

Il “modello” italiano

La Conferenza episcopale italiana, nel giugno del 2022, ha approvato una nota “ad experimentum” che ha, tra le altre cose, calato la figura del catechista nella realtà locale, evitando possibili confusioni e fraintendimenti. L’elenco dei compiti del catechista formulato dalla Congregazione per il culto divino, infatti, rischiava almeno in Italia, dove c’è già una realtà consolidata di ministri istituiti e straordinari, di generare dei “doppioni” e così la Cei ne ha scelti solo alcuni. Il catechista istituito in Italia si occuperà della catechesi per l’iniziazione cristiana, sia dei bambini che degli adulti; della catechesi permanente di chi ha già ricevuto la cresima; dell’accompagnamento di chi incontra Cristo per la prima volta e di chi vuole fare un’esperienza di fede; di formare e coordinare chi, nelle singole parrocchie, si occupa di catechesi ed evangelizzazione. I vescovi italiani si sono spinti anche ad affidare ai catechisti anche il ruolo di “referente di piccole comunità senza la presenza stabile del presbitero” e di “guidare, in mancanza di diaconi e in collaborazione con accoliti e lettori, le celebrazioni domenicali in assenza del presbitero”, prevedendo una forma di sinergia con gli altri ministeri che nei documenti pontifici non era menzionata. Non vengono recepiti, invece, l’assistenza ai malati (affidata ad accoliti e ministri straordinari della santa comunione) o l’aiuto ai poveri, così come resta ai lettori il compito di animare momenti di meditazione e preghiera.

Dalla Lombardia all’Umbria, esempi pratici

Ma l’Italia non è tutta uguale e anche nella Penisola si registrano differenze. A Perugia, per esempio, l’arcivescovo Ivan Maffeis ha preferito affidare le piccole comunità senza prete stabile a équipe di laici, piuttosto che al singolo catechista. A Roma saranno catechisti istituiti i coordinatori del catechismo della comunione o della cresima, a cui toccherà formare gli altri catechisti di fatto, fare da raccordo tra le parrocchie o essere inviati dal vescovo in altre parrocchie più in difficoltà. Roma ne prevede due per parrocchia con un mandato quinquennale rinnovabile, scelti dal parroco insieme agli altri catechisti. In Lombardia i vescovi hanno approvato specifiche indicazioni a maggio del 2023: l’esercizio delle varie forme di carità viene affidato agli accoliti, mentre i catechisti restano coordinatori della catechesi e referenti di quelle comunità senza un parroco stabile.

La “via siciliana”

In Sicilia le linee guida sono state pubblicate a settembre e anche qui non manca qualche novità. Diciamo subito che le diocesi isolane sono realtà diverse fra loro: se Palermo da decenni forma accoliti e lettori laici, proponendo come percorso formativo la triennale “scuola teologica di base” a cui aggiungere un anno specifico per i ministeri, a Catania si è iniziato solo recentemente. Paradossalmente però, se Catania ha già iniziato a formare i futuri catechisti, a Palermo non è ancora chiaro chi se ne prenderà cura, se l’ufficio che già si occupa dei ministeri o quello per la catechesi.

I vescovi isolani però non annoverano tra i compiti del catechista la guida delle comunità senza presbitero, anche perché si tratta di situazioni non comuni e assolutamente eccezionali, così come non affidano ai catechisti le liturgie, sottolineando invece il ruolo delle comunità parrocchiali nella scelta dei candidati e nella loro formazione. Ribadendo la differenza tra i catechisti di fatto e quelli istituiti, la Cesi chiede a questi ultimi di avere un ruolo “sovra parrocchiale” collaborando con il parroco o più parroci, con il compito di “coordinare, sostenere e formare”.

I catechisti dovranno non solo “esercitare le virtù che sono tipiche dell’evangelizzatore, come ascolto, prossimità, consolazione, incoraggiamento”, ma avere conoscenza delle dinamiche della famiglia e siano in grado di interagire con altri ambiti educativi (oratori, scuola, associazioni). Inoltre, è importante che essi sappiano recepire l’odierna trasformazione dei linguaggi, a partire dalla veemenza dei social media, includendo la riflessione sugli stili di vita, provocata dalla grande questione del gender”. Insomma ai catechisti istituiti in Sicilia sarà richiesto un impegno più sociale, maggiormente incentrato sull’annuncio nella società di oggi, sulle famiglie e sulle tematiche della morale.

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Di Roberto Immesi

Giornalista, collabora con Live Sicilia, è Revisore dei Conti dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia e Membro dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo.

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