Équipe di laici per guidare le parrocchie in un tempo in cui i presbiteri sono sempre meno numerosi e sempre più anziani: è questa una delle novità annunciate dall’arcidiocesi di Perugia guidata da monsignor Ivan Maffeis e contenute nella lettera pastorale “Il coraggio dei passi”. Un esperimento che il presule ha voluto per far fronte a una carenza di sacerdoti che nel nord e nel centro Italia si sta facendo sempre più pressante e che, fra qualche anno, potrebbe riguardare anche il sud. Iniziative che vanno studiate anche per prepararsi per tempo ad affrontare problemi che, nel medio e lungo termine, saranno concreti anche nel Meridione.

L’esempio di Torino

A Torino, come Portadiservizio ha avuto già modo di raccontare, monsignor Roberto Repole ha deciso di accorpare le parrocchie, organizzarle in reti, creare strutture caritatevoli sovra-parrocchiali e assicurare le sante Messe domenicali solo in alcuni centri. Insomma, i vescovi italiani provano a riorganizzare le chiese locali per resistere alla crisi delle vocazioni e nella Penisola si vanno moltiplicando le iniziative in tal senso.

I tanti “don Milani”

Perugia non è da meno e Maffeis, nella sua lettera all’arcidiocesi che comprende anche Città della Pieve, parte da un’immagine emblematica: un parroco in scarpe da ginnastica, pantaloncini e maglietta che a 75 anni suonati gioca con ragazzi e bambini in oratorio. Un moderno “don Milani”, lo definisce, capace di offrire della Chiesa un’immagine ben precisa: “In una stagione di fragilità diffusa, la comunità cristiana rimane un anticorpo all’isolamento, un presidio inestimabile che plasma e chiama in gioco la responsabilità individuale, una proposta di percorsi di incontro, di formazione e di spiritualità, aperta anche a quanti non conoscono gli ambienti parrocchiali o che se ne sono allontanati; una rete di relazioni che accoglie, custodisce e accompagna la crescita delle giovani generazioni”.

Parrocchie da ripensare

Maffeis chiama a raccolta la sua arcidiocesi, come l’autunno fa con la scuola, e la invita a “ricercare i modi adeguati dell’annuncio, tali che tocchino e provochino la risposta di vita” a partire dai linguaggi (a volte astratti) e dalle metodologie. Il rischio, scrive il presule, è che si ripetano modelli di azione pastorale per lungo tempo efficaci ma non più al passo con l’oggi: servono “nuove forme di presenza ecclesiale” per evitare “una ripetizione stanca e rassegnata che non riscalda il cuore”, come hanno sottolineato le sintesi dei 26 gruppi di studio a cui aggiungere i contributi di 24 unità pastorali. I fedeli coinvolti nel cammino sinodale hanno chiesto meno campanilismo, specie in un’epoca di grande mobilità sociale e di impoverimento delle aree interne, e più partecipazione. “Da tenda di Dio piantata in mezzo agli uomini – continua la lettera – la parrocchia rischia di sentirsi un accampamento periferico, nei confronti sia di un contesto che vive ignorandola, sia delle comunità cristiane limitrofe”.

Catechesi a misura di famiglia

Da qui alcune proposte di cambiamento, partendo dalle esortazioni di Papa Francesco dello scorso maggio alle chiese italiane perché siano “guidate dallo Spirito”, caratterizzate da “corresponsabilità ecclesiale” e “aperte a tutti”. “La catechesi dei bambini e dei ragazzi, ad esempio, necessita di un maggior coinvolgimento delle famiglie – spiega l’arcivescovo -. Il numero delle celebrazioni dell’Eucaristia non può misurarsi su un passato in cui c’erano non solo più sacerdoti, ma anche più fedeli; la carità, più che avere una connotazione filantropica, deve alimentarsi con assiduità alla spiritualità evangelica”.

I parroci non sono burocrati

Un’altra esigenza sentita particolarmente è quella di sgravare i sacerdoti dalle incombenze burocratiche che rendono le parrocchie simili ad aziende, per consentire loro di dedicarsi alla vita spirituale ed essere “pastori che riflettono la gioia del Vangelo, disponibili ad ascoltare le persone e a stare tra la gente. Si cercano preti ‘normali’, capaci di relazioni amicali, di vicinanza umana, di accoglienza priva di giudizio; uomini di Dio, educatori con la preghiera, la Parola e la testimonianza della tenerezza materna della Chiesa”.

Spazio ai laici

Da qui l’esigenza di valorizzare adeguatamente i laici, da non considerare semplice manovalanza o meri collaboratori ma “corresponsabili”: per Maffeis bisogna ridare forza agli organismi di partecipazione, attuare anche a Perugia l’apertura alle donne dei ministeri di accolito e lettore e l’istituzione del ministero di catechista, curare una formazione basata sulla Parola e sul Concilio. L’arcivescovo, piuttosto che accorpare le parrocchie, specie nelle realtà più piccole, chiede di non far venire meno la presenza ecclesiale con équipe di laici, formati e legati al vescovo, che aiutino il parroco a garantire l’apertura e il funzionamento delle chiese. Uno sforzo da compiere con gli oltre 40 diaconi, le centinaia di catechiste, i ministri straordinari, i lettori, i sacristi, i volontari, gli animatori.

Foto: Arcidiocesi di Perugia – Città della Pieve

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Di Roberto Immesi

Giornalista, collabora con Live Sicilia, è Revisore dei Conti dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia e Membro dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo.

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