Dal 5 maggio, per l’Organizzazione mondiale della sanità, il Covid-19 non è più un’emergenza sanitaria internazionale e la Chiesa italiana, quindi, torna alle vecchie regole. La lettera è datata 8 maggio ed è firmata dalla presidenza della Cei, la Conferenza episcopale italiana, e indirizzata a tutti i vescovi del nostro Paese: una comunicazione ufficiale per sancire la fine definitiva delle normative anti-Covid con cui i cattolici hanno dovuto fare i conti negli ultimi tre anni.

La pandemia, del resto, non ha influito solo sulla vita “civile” degli italiani, ma anche su quella religiosa: messe in streaming, celebrazioni a numero chiuso, comunione solo sulle mani, mascherine, divieto di contatti fisici e la Settimana santa del 2020 celebrata dai sacerdoti e da pochissimi collaboratori. Misure necessarie, per contenere il contagio e i decessi, specie a tutela dei più deboli, ma che da oggi in poi saranno solo un ricordo.

«E’ stato un tempo difficile in cui le nostre comunità cristiane sono state prossime con la preghiera e le opere di carità a chi ha sofferto – scrive la presidenza Cei, ringraziando il personale sanitario e chi ha dato il proprio contributo, fra cui anche gli operatori pastorali –. Accogliendo l’indicazione dell’Oms, segnaliamo che tutte le attività ecclesiali, liturgiche, pie devozioni possono tornare a essere vissute nelle modalità consuete precedenti all’emergenza sanitaria».

Rimarrà facoltà dei singoli vescovi suggerire alcuni accorgimenti, come l’igienizzazione delle mani prima della distribuzione della santa Eucarestia o l’uso della mascherina per la visita agli ammalati fragili, anziani o immunodepressi, mentre è esplicita l’indicazione di abolire (o comunque limitare fortemente) le celebrazioni in streaming.

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Di Roberto Immesi

Giornalista, collabora con Live Sicilia, è Revisore dei Conti dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia e Membro dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo.

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