Crisanto e Daria, compatroni di Reggio Emilia, sono due martiri del III secolo, uccisi sulla via Salaria nel III secolo dopo Cristo. Si tratta di due santi venerati sin dall’antichità sia in Occidente che in Oriente, come dimostrano le tante opere d’arte a loro dedicate in varie parti d’Europa, i cui resti sono custoditi nel duomo reggiano e su cui una decina di anni fa furono svolte delle indagini scientifiche che ne dimostrarono la compatibilità con la tradizione.

Crisanto era figlio di Polemio e fu inviato da Alessandria a Roma per studiare filosofia; qui conobbe il presbitero Carpoforo che lo convertì al cristianesimo e lo battezzò. Una scelta osteggiata dal padre che provò a convincerlo a tornare al paganesimo anche tramite alcune donne, fra cui la vestale Daria che però si convertì a sua volta. I due iniziarono ad annunciare la lieta novella, ma furono scoperti; messi sotto processo, riuscirono a convertire anche il tribuno Claudio, la moglie, i figli, parenti, amici e perfino i 70 soldati della guarnigione. L’imperatore Numeriano condannò tutti a morte: Claudio fu gettato in mare con una pietra al collo, i figli e i soldati decapitati, Crisanto e Daria furono invece sepolti vivi sulla Salaria. Il loro culto si diffonde rapidamente e i resti iniziano a passare di mano in mano, fino al trasferimento definitivo a Reggio Emilia poco prima dell’anno mille come dono del vescovo Adelardo.

Di Roberto Immesi

Giornalista, collabora con Live Sicilia, è Revisore dei Conti dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia e Membro dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo.

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