Giorno “a-liturgico”, senza celebrazioni, in cui prevale il silenzio, segnato dalla morte di Cristo sulla croce e aperto alla speranza della sua risurrezione, come aveva detto…

Un’antica “Omelia sul Sabato Santo” descrive il senso della “discesa agli inferi” di Cristo, perché Egli già vittorioso, con la sua croce come trofeo, non solo libera l’umanità intera fino ad allora esistita, ma dà la certezza della piena partecipazione di ogni uomo al suo destino glorioso.

“Ora parlo e nella mia potenza ordino a coloro che erano in carcere: uscite. A coloro che erano nelle tenebre: siate illuminati, A coloro che erano morti: risorgete… Per te io, tuo Dio, mi sono fatto tuo figlio. Per te io, il Signore ho rivestito la tua natura umana di servo. Per te, io che sto al di sopra dei cieli, sono venuto sulla terra e al di sotto della terra… Svegliati, guarda, sorgi: il tuo trono è pronto, la sala è allestita, la mensa apparecchiata. In altre parole, è preparato per te dai secoli eterni il regno dei cieli”.

Il destino dell’uomo è segnato dalla piena partecipazione della sua umanità a quella di Cristo che, non rappresenta un limite, ma la certezza della piena partecipazione alla sua vita dei figli di Dio. Come insegna papa Francesco, invece di eludere le nostre debolezze, le fragilità e il peccato, è necessario farle “attraversare dalla luce di Cristo”. Solo allora chiameremo con il proprio nome realtà come: la corruzione nella Società e nella Chiesa; l’incapacità di ripensare la nostra identità che non ci permette di vedere ogni diversità come una ricchezza e non come un pericolo; il riconoscimento della dignità dei piccoli, delle donne, degli stranieri, dei poveri. Come anche la pienezza di assumersi la responsabilità di ciascuno, secondo la propria vocazione e il ruolo che viviamo in qualunque ambito ci troviamo ad agire, a parole come: vita, amore, sesso, felicità, benessere, futuro, creato, risorse, economia, educazione…

Non possiamo e non dobbiamo rimanere alla finestra o nei salotti, vivendo da “cristiani pantofolai” come ama affermare papa Francesco, lasciando ad altri o ai social la riflessione o paventare delle soluzioni ai vari problemi del mondo in cui viviamo, senza il rispetto dell’umanità della persona e della responsabilità di sentirsi e vivere da “Fratelli tutti”.

Ciò sarà possibile, se viviamo la “via di mezzo” tra la vita e la morte, la grazia e il peccato, la fede e la ragione per innestare nella realtà umana non la “restaurazione del regno dei cieli”, ma per costruire “cieli e terra nuovi: in cui abiteranno la giustizia e la pace”.

Che l’attesa esploda nel grido di gioia: “Cristo, nostra Pasqua: è risorto”.

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