Continuiamo a dedicare il nostro spazio di cura alle realtà delle carceri del nostro territorio. Grazie alla disponibilità e alla testimonianza di don Carlo Cianciabella, cappellano del carcere minorile Malaspina, e alla professoressa Alessandra Dell’Aria, conosciamo più da vicino, i ragazzi del Carcere Minorile Malaspina di Palermo.

Siamo all’inizio di un nuovo anno, e questa nostra riflessione ha come filo conduttore la parola ricominciare. Ricominciare si può, soprattutto quando siamo davanti a dei ragazzi. Don Carlo, la cattiveria non è innata nelle persone, tantomeno nei ragazzi che incontriamo, a volte è una maschera, con cui questi ragazzi cercano di nascondere le proprie fragilità, le proprie debolezze, le proprie storie difficili. Quanti sono i ragazzi che vivono al Malaspina e quali sono i progetti che portate avanti? 

Ci sono in detenzione circa 25 ragazzi. La realtà minorile è più piccola rispetto alla realtà delle carceri dove si trovano gli adulti. Ma non vuol dire che la realtà carceraria minorile si ferma a questo numero, esiste il cosiddetto USSM, ufficio servizi sociali per minori, che si occupa di ragazzi che sono sotto giudizio penale ma non entrano in carcere. Questi vengono assistiti dagli assistenti sociali, questo numero si aggira intorno a 1400. Quindi la realtà minorile è una realtà molto seria. Riguardo alle ragazze sono molto poche, non arrivano a 40 in tutta Italia, la maggior parte affidate agli assistenti sociali. In Italia le carceri minori femminili sono a Napoli, Roma e Pontremoli. Le attività proposte ai ragazzi sono svariate: attività ricreative di ogni genere e soprattutto il tempo trascorso in attività scolastiche. Un tempo vario che può sembrare pieno, ma nonostante ciò non mancano i momenti di desolazione. Nel pomeriggio, ad esempio, ci sono pochi impegni e questi momenti diventano per loro occasione per riflettere. 

Don Carlo, siamo di fronte a vittime o colpevoli?  Cosa permette all’uomo di ricominciare? 

Ricominciare è un parolone. Non è sempre possibile ricominciare. Dobbiamo considerare che il ragazzo, quando esce dal carcere torna a casa, nel suo contesto di provenienza. Questo ritornare non permette un ricominciare… se non da dove ha lasciato. Questo va detto perché spesso avviene, ed è una triste realtà, che il detenuto ricomincia da ciò che ha lasciato. Vittima o colpevole? Ecco che si dovrebbe inserire lo Stato, con il cosiddetto principio di sussidiarietà che invece è carente. Il ragazzo così è costretto a tornare nel contesto di origine e il suo ricominciare è un ripiombare.

Professoressa Dell’Aria lei ha insegnato ai detenuti adulti del carcere, e anche ai giovani del Malaspina.  Come devono porsi gli adulti davanti a questi ragazzi che, potrebbero essere degli alunni a scuola, un vicino di casa, un amico del figlio o magari un figlio…

È più difficile porsi ai ragazzi. Io ho insegnato anche al carcere di Pagliarelli, e con gli adulti l’approccio è più facile. I ragazzi sono più diffidenti, si chiudono in se stessi e bisogna entrare nelle loro grazie. Farsi credibili fino a toccare le loro anime. Noi dobbiamo fargli comprendere che i docenti, in carcere, non sono guardie, controllori o dei giudicanti, ma offrono loro qualcosa attraverso la scuola. i ragazzi hanno bisogno di essere ascoltati. Abbiamo fatto anche l’esperienza del teatro, e a loro è piaciuto molto.

Don Carlo, noi crediamo molto nella giustizia riparativa che vuol dire che i fatti vanno riconosciuti, che i reati vanno condannati. Però ciò non significa che la persona non possa cambiare, che non possa riconciliarsi. Come si fa a vedere una possibilità di cambiamento, in chi le ha combinate tutte?

Se parliamo di giustizia riparativa parliamo di un processo già avviato, dove la vittima e il colpevole hanno dialogato e si sono incontrati di fronte un mediatore. Per ogni uomo ci dev’essere sempre la possibilità di ricominciare. Noi lo dobbiamo accompagnare a questa possibilità. Di fronte ad un sincero desiderio di ricominciare non possiamo esimerci. Non guardiamo tanto ciò è stato fatto, ma domandiamoci che se ha fatto ciò che ha fatto… c’è sempre un perché.

Don Carlo la professoressa Dell’Aria ha detto che i ragazzi hanno bisogno di ascolto e di testimoni credibili, secondo te di cosa hanno bisogno? 

Hanno bisogno di esempi, ma soprattutto di un’alternativa. Qualche settimana fa, nel tempo del Natale, abbiamo organizzato una tombola, un momento ricreativo. Dovevate vedere i ragazzi! Erano ragazzi “normali”, spensierati, hanno giocato, si sono divertiti e sembravano in famiglia. Sono i nostri ragazzi, sono ragazzi fragili che cercano una normalità che non hanno.

Cosa auguriamo a questi ragazzi all’inizio di questo nuovo anno?

Professoressa Dell’Aria: che possano vedere una luce di rinascita in fondo al tunnel, che li porti a vedere le cose in modo diverso.
Don Carlo: io mi auguro che abbiano il coraggio di rinnegare il loro contesto di provenienza. Questo non significa prendere le distanze dai legami affettivi, ma rinnegare il contesto in cui i loro legami sono affogati. 

Precedenti pubblicazioni su questo tema:
Vite sospese: “Ero carcerato e tu sei venuto a visitarmi”
Intervista al cappellano del carcere Ucciardone

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Di Adele Di Trapani

Giornalista, collabora con “Radio Spazio Noi”, l’emittente radiofonica dell’Arcidiocesi di Palermo. Docente di Teologia Morale, fa parte anche dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo.

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