Ascolto, vicinanza e senso di carità verso i detenuti, indipendentemente dal reato commesso, non devono mai mancare. In questo mese che ci accompagna verso il Natale, vogliamo raccontare le realtà più difficili e troppo spesso dimenticate degli istituti penitenziari, luoghi che vengono considerati da molti l’enclave del male, dove regna un clima di violenza e cattiveria. Tuttavia papa Francesco più volte si è recato nelle carceri richiamando l’attenzione in questi “non luoghi”, così come li definisce il sociologo Francesco Marc Augè, un luogo astratto come tutti quegli spazi che hanno la prerogativa di non essere identitari e relazionali. La Chiesa, ha detto Francesco, deve essere “inquieta nelle inquietudini del nostro tempo. Siamo chiamati a raccogliere le inquietudini della storia e a lasciarcene interrogare, a portarle davanti a Dio, a immergerle nella Pasqua di Cristo. Formare dei gruppi sinodali nelle carceri vuol dire mettersi in ascolto di un’umanità ferita, ma, nel contempo, bisognosa di redenzione. Per un detenuto, scontare la pena può diventare occasione per fare esperienza del volto misericordioso di Dio, e così – ha evidenziato Bergoglio – cominciare una vita nuova.

Far riemergere ed imporre, il grido di quanti non hanno voce, alla coscienza della nostra società, sempre più indifferente alla sofferenza, è uno dei compiti dei cappellani presenti negli istituti penitenziari. Grazie alla loro presenza costante e discreta, durante il periodo di detenzione, può essere garantito il supporto spirituale, l’ascolto e il benessere emotivo. Inoltre la loro presenza incoraggia, la rieducazione e le sfide interne che si possono presentare durante il periodo di carcerazione.

Intervista a fra Loris D’Alessandro

Il primo appuntamento di questo itinerario, che ci accompagna nel periodo di Avvento, è con fra Loris D’Alessandro, cappellano dell’Istituto Penitenziario “Pagliarelli” di Palermo.

I cappellani svolgono un lavoro fondamentale nei penitenziari danno aiuto e supporto per le necessità delle persone recluse con forte senso di solidarietà e grande rispetto verso la dignità della persona. Di cosa ti occupi nello specifico al carcere di Pagliarelli?

Fra Loris: Mi occupo di tutte le attività religiose, la celebrazione della Santa Messa, la catechesi, il servizio di carità, e distribuiamo anche vestiti ai detenuti che ne hanno bisogno. Ma soprattutto ascoltiamo e confessiamo. Mi piace sottolineare che l’ascolto riguarda tutti anche coloro che professano altre confessioni religiose.

La pena detentiva ha come risvolto un cambiamento di vita?

Fra Loris: La pena detentiva ha un risvolto molto positivo perché spesso tanti prendono coscienza degli errori commessi e ritrovano il senso della vita, la bellezza della famiglia, riscoprono Dio e l’importanza della libertà. Per altri non è un momento di cambiamento, spesso ritornati alle loro vite, ricominciano a commettere errori.

I detenuti come trascorrono le loro giornate?

Fra Loris: Per alcuni il tempo scorre in modo dinamico. In molti frequentano la scuola per conseguire un diploma oppure una laurea. C’è chi lavora in cucina oppure si dedica alle pulizie degli ambienti comuni. Ci sono inoltre laboratori e la possibilità di impegnarsi in attività teatrali. Durante la settimana vivono con desiderio la visita dei parenti.

Qual è secondo te il più grande problema del sistema carcerario.

Fra Loris: Penso che ci sia un problema interno che riguarda il numero esiguo di guardie e assistenti sociali. Ma soprattutto un problema esterno. Pagato il conto con la giustizia, una volta usciti non ci si sente più del tutto liberi. Il pregiudizio della società, infatti, incapace di perdonare fino in fondo, chiude le porte a ogni possibilità di cambiamento per chi si trova nella condizione di ex detenuto, una condizione pesante che conduce, ingiustamente, ad una condanna perpetua. Tutto questo non consente di inserire le persone nel mondo del lavoro, e loro hanno questa consapevolezza. A tal fine mi sembra doveroso creare delle politiche sociali che possano creare posti di lavoro per ridare loro dignità e possibilità di riscatto.

Papa Francesco ricorda spesso i fratelli in carcere, soprattutto durante le feste natalizie, e dice che “non possono esserci condanne senza finestre di speranza”. Se potessi chiedere a Dio di portare qualcosa del carcere al mondo esterno cosa sarebbe?

Fra Loris: Il cuore, lo sguardo e il desiderio di ricominciare che tanti di loro hanno.

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Di Adele Di Trapani

Giornalista, collabora con “Radio Spazio Noi”, l’emittente radiofonica dell’Arcidiocesi di Palermo. Docente di Teologia Morale, fa parte anche dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo.

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