PALERMO – Se l’obiettivo è convincere i palermitani a obliterare il biglietto sui mezzi pubblici, è presto per dire se l’Amat, la società partecipata dal Comune che si occupa di autobus e tram, lo centrerà. Quel che è certo, finora, è che la réclame apparsa sui cartelloni che campeggiano in città ha provocato una ridda di polemiche sui media e sui social. La pubblicità è abbastanza semplice: a sinistra una persona accovacciata con le mani sul volto e al centro la frase “Obliterare non è un peccato”, con sotto “Se lo facciamo tutti avremo servizi da paradiso”.

L’azienda, interpellata dai giornali, ha spiegato che si tratta di una campagna di sensibilizzazione sull’uso del biglietto affidata a una società specializzata, nell’ambito di nuove iniziative per incentivare l’acquisto dei tagliandi. Ma al di là del merito della pubblicità, è su un altro aspetto che vogliamo soffermarci e cioè sull’uso della fede cristiana a fini commerciali. Per carità, non è una novità: la Lavazza ambientò una celeberrima serie di spot tv in paradiso, con tanto di San Pietro intento a mescolare tazzine di caffè; molti comici usano riferimenti religiosi per i loro sketch, per non parlare del mondo del cinema; in Occidente, in nome della libertà di satira, si giustifica praticamente tutto, anche quando il limite del buon senso appare abbondantemente superato.

Il punto però è un altro e cioè l’uso disinvolto che si fa del credo di milioni di persone. Nel caso in questione, a essere “usati” sono il peccato e il paradiso e quindi indirettamente il sacramento della confessione, strumento per ottenere il perdono dei peccati e quindi “l’accesso” al paradiso. Un carattere tipico della fede cattolica, ma soprattutto un concetto di grande bellezza: per quanto grande o grave possa essere il nostro peccato, l’amore di Dio non ha confini ed è capace di superare i nostri errori e le nostre mancanze. I vangeli sono pieni di riferimenti in questo senso (parabola del ‘figliol prodigo’ in primis) e la Chiesa, nella sua saggezza, ha istituito un sacramento specifico, quello della riconciliazione, oggi così poco conosciuto, nonostante il suo ricco significato, proprio perché (come insegna san Giovanni XXIII) non si possono confondere l’errore con l’errante: il primo va condannato, ma il secondo va perdonato.

Concetti alti, altissimi, che una pubblicità ha banalizzato e mortificato senza alcun rispetto per la fede e il credo di tanti, nella speranza probabilmente di strappare qualche sorriso. In questo caso, missione fallita.

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Di Roberto Immesi

Giornalista, collabora con Live Sicilia, è Revisore dei Conti dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia e Membro dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo.

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