«Onora tuo padre e tua madre, come il Signore, tuo Dio, ti ha comandato, perché si prolunghino i tuoi giorni e tu sia felice nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà» (Dt 5,16; cf. 20,12).

Eccoci alla quarta Parola, l’unica del testo del Decalogo che promette felicità a quanti mettono in pratica questo comando. Onorare nella sacra scrittura significa dare il giusto peso ed anche il giusto posto; quindi non è solo questione di buona educazione o rispetto verso i genitori, ma piuttosto riconoscere con gratitudine che il dono della vita ricevuto, dipende da altri.

Nessuno può dire di sé che “si è fatto/a da solo/a”, e non solo dal punto di vista biologico. Le relazioni di cui siamo impastati ci caratterizzano sin dal concepimento, nessuno viene al mondo da solo, nessuno diventa ciò che è, senza gli altri. Ciascuno di noi è il risultato di ciò che ha vissuto e tutte le esperienze hanno coinvolto altre persone.

I genitori rappresentano le nostre radici, il nostro passato; è certo che non sempre la nostra infanzia è stata serena e magari non tutti sono cresciuti in un contesto equilibrato ma a volte segnato da violenza e traumi. C’è anche da dire che pure in contesti sereni ed equilibrati possiamo aver vissuto traumi ed essere cresciuti con la sensazione interiore di non essere stati amati e accolti. Chi può dire di non aver sofferto qualcosa durante l’infanzia? Ed oggi siamo il risultato di ciò che è avvenuto nel passato, ed è per questo che tutti abbiamo bisogno di riconciliazione e di perdono, tutti abbiamo qualcosa da ricucire con il filo della misericordia.

Assegnare il giusto posto al padre e alla madre significa collocare le esperienze, qualunque esse siano, propositive ed oppositive in modo da orientarle verso ciò che desideriamo divenire. Ogni uomo e ogni donna ricevono questa Parola che conduce a Cristo, in Lui rinasciamo dall’alto (cf. Gv 3, 3-8), è come una seconda possibilità per “aggiustare” quello che ci procura disagio e sofferenza. Tutto ci prepara e ci insegna l’arte del vivere, le nostre storie e i ricordi segnati da ferite, diventano potenzialità se smettiamo di chiederci “perché” sostituendolo col “per chi”?

La mia esperienza, anche triste e dolorosa, alla luce dell’amore, diventa per se stessi e per gli altri salvezza. Onorare i nostri genitori ci permette di dare una nuova direzione alla vita con libertà di figli adulti e, a loro volta, genitori.

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Di Maria Catena

Docente di Liturgia, scrive per Theofilos, la rivista della Scuola Teologica di Base “San Luca Evangelista” dell’Arcidiocesi di Palermo.

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