L’arte esprime mirabilmente la nostalgia che l’uomo ha di Dio e diviene, in maniera particolare nell’antichità, compendio della riflessione teologica della Chiesa. Dove le parole non bastano più per esprimere un mistero, l’arte travolge, stupisce e rimanda ad una dimensione di senso che non si limita al concetto ma, come l’orizzonte del mare, permette di accedere mediante la meditazione a navigazioni sempre nuove.

Nonostante il divieto biblico di rappresentare alcunché si trovi nel cielo (Dt 6,13-14), si trovano già nella cultura ebraica, come attestato dagli affreschi rinvenuti in una sinagoga del III secolo d.C. a Dura Europos, rappresentazioni del racconto biblico a scopo pedagogico.

È interessante menzionare una delle interpretazioni circa il ventiseiesimo versetto del primo capitolo di Genesi, in cui Dio decide di creare l’uomo a sua immagine e somiglianza (Gn 1,26). L’immagine e la somiglianza sono “corrispondenze” che farebbero dell’uomo un’icona di Dio. Il testo sembra insistere sull’origine dell’uomo come copia dell’originale che, seppur si ritrovi ad essere simile ad altre creature, ne è da loro differente in quanto più somigliante al Creatore. Concetto che sarà meglio spiegato dal Salmo 8, 5-7: «che cosa è l’uomo perché te ne ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi? Eppure, lo hai fatto poco meno degli dèi, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi». Pertanto, qui la “somiglianza a Dio” corrisponderebbe più che altro alla signoria esercitata dall’uomo sulle altre creature. Eppure, si potrebbe azzardare la conclusione che il comandamento divino in Deuteronomio non escludesse qualche possibilità di rappresentazione, tanto che il giudaismo quanto il cristianesimo mostrano, come ci dimostra l’archeologia, non essere aniconici.

Il cristianesimo, sin dal suo sorgere, ha fatto rimando all’arte: potremmo anche dire che lo stesso Gesù nel parlare in parabole si fosse deciso per la strada delle immagini come mezzi efficaci di comunicazione e insegnamento. Il problema, tuttavia, si pone allor quando ad essere rappresentato non è tanto una scena neutra quanto il mistero di Dio. Questa riflessione, oltre che a questioni “politiche”, sarà la radice della lotta iconoclasta che condurrà al concilio di Nicea II. Il problema non era più solo artistico ma anche cristologico tanto che Eusebio di Cesarea, scrivendo a Costanza, sorella di Costantino, disse che l’arte non poteva né raffigurare la divinità né l’umanità di Cristo in quanto assorbita dalla prima. Si svilupperà una vera e propria Teologia dell’immagine che troverà in san Massimo il Confessore uno degli esponenti maggiori, il quale preciserà che l’unione tra natura umana e natura divina in Cristo non è un’unione estrinseca come un musicista con il suo strumento ma puramente intrinseca. A difesa delle immagini sorse anche Giovanni Damasceno dando essenzialmente tre coordinate e cioè: l’immagine nell’arte si utilizza in maniera analogica, il criterio che la legittima è la realtà dell’incarnazione del Verbo che viene circoscritto nella carne e dunque può essere rappresentato, l’utilità che è assieme insegnamento, ricordo ed invito all’imitazione.

Le decisioni di Nicea II, seppur non siano state accettate prima del 843 d.C., saranno decisive circa l’utilizzo dell’arte nell’evangelizzazione cristiana. L’icona diverrà, dunque, simbolo dell’economia del Verbo di Dio già circoscritto nell’incarnazione. La sua bidimensionalità diviene strumento per rappresentare una visione che include l’anticipazione e la spiritualizzazione del mondo materiale. L’icona e l’arte sacra in genere, dando possibilità di annuncio al mistero del Dio già rivelato in Cristo, permette una sempre rinnovata e creativa testimonianza di Cristo, immagine del Dio invisibile, oltre a consentire una riqualificazione dell’uomo ad immagine e somiglianza di Dio facendosi infine apportatrice di una categoria soteriologica per cui l’uomo è immagine di Dio non solo in virtù della creazione, ma anche della redenzione.

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In foto: San Luca dipinge la Vergine di Raffaello (attr.) tratta da accademiasanluca.eu

Di Eduardo Guarnieri

(1998), studente di sacra teologia, si interessa dello studio che intercorre tra l’arte e la fede.

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