Cipro, la grande dimenticata. Sembra quasi che sia stato steso un velo per dimenticare gli orrori che dal 1972 hanno distrutto e azzoppato una cultura millenaria nel cuore del mediterraneo. In questi giorni di conflitto, mi sono chiesto come sia possibile polarizzare l’attenzione (solo) sulla guerra in Ucraina, mentre ripeto dal 1972 a Cipro si consuma lentamente e sotto gli occhi di tutti, una guerra che produce ancora significative destabilizzazioni culturali, sociali e religiose. Le guerre, da parte dei conquistatori sono occasione propizia per fare razzia del patrimonio artistico. La Turchia annettendo parte del territorio cipriota sotto l’ala della sua influenza e proclamandola repubblica, non ha risparmiato gli edifici sacri che sono stati sfigurati, trasformati e distrutti, oppure “riadattati” in alberghi, moschee, magazzini agricoli, stalle e caserme. Secondo una stima denunciata dal periodico dei francescani di Terra Santa (aggiornato al 2010), sono 500 le chiese bizantine e monasteri che hanno subito il trattamento (come oggi si dice) della “cancel culture”. Per esempio nei giorni della battaglia di Mariupol, i social sono stati letteralmente riempiti di foto della “Mariupol luminosa ed accogliente” e la Mariupol “città distrutta dopo i bombardamenti”, realizzando sugli stessi network visualizzazioni da capogiro, che hanno influenzato la percezione della guerra e dei suoi orrori più inconfessabili. Nulla di simile accade per le antiche città cipriote. Nessuna foto, nessun riferimento. Reperire notizie sul web è alquanto difficile! Anche le fonti sono “solo” per “gli addetti ai lavori”, in quanto troviamo libri, articoli e studi di un certo spessore storico e di ricerca esclusivamente in lingua inglese e greca.

Qui vorrei parlarvi della Chiesa di Euphemianos (Foto 1), nei pressi di Lysi, dove era custodito il suggestivo affresco raffigurante il “Cristo Pantocratore” – “Χριστός Παντοκράτορας” (foto 2), su cui ruotano una doppia fila di angeli che si muovono verso l’”Hetoimasia” cioè il trono vuoto preparato da Dio Padre per la seconda venuta per “giudicare i vivi ed i morti” ed affermare l’eternità del Regno celeste. Il trono è custodito dagli Arcangeli Michele e Gabriele e da due serafini. La Vergine Maria conduce una linea di angeli verso il trono, mentre Giovanni Battista, il precursore del Signore, colui che indica la sua presenza nel mondo, segue lo stesso procedimento dalla parte opposta. Nel catino absidale troviamo, la Vergine Maria, la Madre del Redentore, affiancata da due arcangeli con un medaglione sul petto su cui si intravede “Cristo bambino”, simbolo dell’Incarnazione del Signore nella carne dell’uomo.

Poco prima del 1972 il Dipartimento delle Antichità di Cipro, aveva disposto un intervento manutentivo per preservare l’affresco. Dopo l’invasione turca del 1974, tutti gli affreschi sono stati rimossi, tra il 1974 e la primavera del 1983 (foto 3-4). Gli affreschi maggiori della cupola (Cristo Pantocratore) e quello dell’Abside (raffigurante la Vergine Maria, foto 5), per rivenderli al mercato dell’arte, hanno pensato di tagliarli in 38 pezzi. Successivamente gli affreschi furono spediti (legalmente, illegalmente? Chi ha permesso l’accesso alla dogana?) in Germania – sarebbe molto interessante poter dibattere sul ruolo della Deutschland in queste vicende che sostanzialmente vedono come “alleati” i turchi e i tedeschi -; e furono acquisiti da Aydın Dikmen, un mercante d’arte turco e famigerato contrabbandiere, il quale alle richieste avanzate circa la provenienza dei preziosi affreschi, sosteneva che giungevano da una chiesa abbandonata nel sud della Turchia, e dunque si preparava a venderli al mercato (nero, ufficiale, non ufficiale?) dell’arte europeo. Una domanda: l’UNESCO, l’organizzazione internazionale preposta per la salvaguardia del patrimonio artistico dell’umanità, dinanzi a tale situazione cosa ha fatto? Come ha reagito? La Turchia, essendo un paese NATO e parte in causa nella guerra di Cipro, rispetta la convenzione dell’Aja del 1954, che all’articolo 7 parla della “protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato“?

Il Dipartimento delle Antichità di Cipro è stato in grado di dimostrare che gli affreschi sono stati rimossi dalla chiesa di Sant’Euphemianos e a seguito di lunghe ed estenuanti trattative, gli interessati convennero che la proprietà degli affreschi apparteneva alla Chiesa ortodossa di Cipro. Dunque, questa incredibile storia, che forse è la punta di un iceberg di tante altre storie simili, continua la sua epopea: i citati 38 frammenti furono acquistati dalla “Menil Foundation” con sede a Houston per conto della Chiesa greco-ortodossa di Cipro, che ne è la legittima proprietaria. Tramite un accordo sancito nel 1992 tra le parti, la stessa ha finanziato un attento restauro dei dipinti. In base agli accordi, la Fondazione ha aperto nel 1997 la “Cappella dell’affresco bizantino”, – dall’architetto François de Menil -, una sede-museo appositamente costruito per mostrare le opere agli appassionati di arte e di storia.

Inoltre l’intesa specificava che la Fondazione si sarebbe occupata della conservazione degli affreschi coprendo le spese correnti di conservazione in cambio del diritto di far conoscere al grande pubblico attraverso mostre, queste opere d’arte religiosa per un periodo di vent’anni, che doveva terminare nel febbraio del 2012. Il 23 settembre 2011 le parti annunciarono di aver raggiunto un accordo per il rimpatrio degli affreschi a Cipro alla scadenza del contratto. Ad oggi, non ci sono notizie circa un ritorno effettivo degli affreschi alla loro collocazione originaria. E la storia continua…

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Di Alexander Vaskries

Giornalista, studioso della cultura mediorientale e dell'Oriente cristiano.

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