C’è stato un tempomin cui la Sicilia era mamma di grandi uomini, santi, persone e personaggi che hanno fatto la storia del Mediterraneo e del mondo. Tuttavia, non molti sanno che è stata culla di 5, quasi 6, papi della chiesa cattolica. Ebbene si, tra i papi siciliani ricordiamo: Sant’Agatone (678-81) celebre per aver convocato il VI Concilio Ecumenico a Costantinopoli, San Leone II (682-83) colui che istituì il “bacio della pace” nella Messa e la cerimonia religiosa dell’aspersione con l’acqua benedetta ai fedeli, Conone (686-87) del quale però abbiamo pochissime notizie, San Sergio I palermitano, (687-701) e fu il primo Papa che fece seppellire i Pontefici in San Pietro e infine Stefano III (758-72) il quale fu una figura di primo piano nel mondo politico appoggiando la lotta di Carlo Magno contro i Longobardi.

La carriera

Poteva esserci un sesto papa siciliano che però, purtroppo, a causa di giochi politici dell’epoca, venne ostacolato in tutti i modi, stiamo parlando del cardinale Mariano Rampolla del Tindaro. Di famiglia nobilissima, nacque a Polizzi Generosa sulla Madonie il 17 agosto 1843, durante il Regno delle Due Sicilie. Nel 1866 (all’indomani dell’Unità d’Italia), venne ordinato presbitero e da lì iniziò la sua rapida e importante carriera ecclesiastica all’interno della curia romana tanto che nel 1887 fu creato cardinale con il titolo di Santa Cecilia. La svolta avvenne il 2 giugno del 1887 quando venne nominato Segretario di Stato da Papa Leone XIII con il quale collaborò proficuamente, successivamente divenne Camerlengo, poi presidente della Sacra Congregazione della Reverenda Fabbrica di San Pietro e arciprete della basilica vaticana e infine presidente della Pontificia Commissione per gli Studi Biblici.

Il funesto conclave del 1903

Erano i primi anni del XX secolo, in Europa vi era tanto fervore, le monarchie erano in tribolazione, guerra con la spada o guerra diplomatica? I tempi stavano cambiando anche per la chiesa che politicamente parlando era parte attiva in tutto il vecchio continente e fu proprio la politica che mise i bastoni tra le ruote a Rampolla. Cosa accadde? Nel 1903, Papa Leone XIII morì e la chiesa cattolica si rirtrovò, giustamente, a riunirsi in conclave per eleggere il nuovo pontefice. Tutto il collegio cardinalizio era d’accordo su un nome, anche per continuità ma soprattutto per il suo carattere forte, deciso e sicuramente con un cursus honorum di tutto rispetto: Mariano Rampolla del Tindaro! Un nome che non piacque però all’imperatore Francesco Giuseppe d’Austria (il marito di Sissi per intenderci) perchè Rampolla era conosciuto per le sue posizioni anti-austriache e filo-francesi, a quel tempo infatti Francia e Austria erano in conflitto.

ll veto

Ma, come potè Francesco Giuseppe impedire l’elezione di Rampolla? L’Austria – Ungheria era una delle “nazioni cattoliche” aventi diritto al cosiddetto Jus Exclusivae, ossia il diritto da parte di un sovrano regnante di porre un veto sull’elezione di un determinato candidato al soglio pontificio. In questo modo dunque, le teste coronate del tempo potevano fare quello che meglio credevano esercitando questo “diritto” riconosciuto dalla Santa Sede. Così il 2 agosto 1903, l’imperatore austriaco mediante il cardinale della corona, Jan Maurycy Paweł Puzyna de Kosielsko nonchè arcivescovo di Cracovia, esercitò il veto contro Rampolla impedendone la sua elezione. “Mi faccio onore, – si legge nel veto letto dal cardinale Puzyna – essendo stato chiamato a questo ufficio da un ordine altissimo, di pregare umilissimamente Vostra Eminenza, come Decano del Sacro Collegio degli Eminentissimi Cardinali di Santa Romana Chiesa e Camerlengo di Santa Romana Chiesa, di voler apprendere per sua propria informazione e di notificare e dichiarare in modo ufficioso, in nome e con l’autorità di Sua Maestà Apostolica Francesco Giuseppe, Imperatore d’Austria e Re d’Ungheria, che, volendo Sua Maestà usare un antico privilegio, pronuncia il veto d’esclusione contro l’Eminentissimo Signor Cardinale Mariano Rampolla del Tindaro”. Secondo le cronache del tempo, Puzyna, consapevole di quello che stava accadendo, pronunciò quelle parole con voce tremula e in un latino alquanto discutibile e incerto.

La fine

Al soglio pontificio venne eletto Giuseppe Sarto con il nome di Pio X, il quale avendo compreso appieno quanto la politica aveva interferito con la spiritualità della chiesa, come primo atto abolì definitivamente lo Jus Exclusivae, Rampolla morì nel 1913 a Roma. Anni dopo, Giovanni Paolo II ribadì l’abolizione dello Jus Exclusivae sottolineando che pena per i trasgressori era e rimane la scomunica latae sententiae. Rampolla del Tindaro era anche cavaliere del Sovrano Militare Ordine di Malta.

Di Giovanni Azzara

Giornalista, laureato in Lettere e Storia, ha studiato Scienze Religiose. Appassionato di Storia della Chiesa, segue la cronaca vaticana. Membro dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo, è vicedirettore del quotidiano Esperonews, collaboratore del Giornale di Sicilia, collabora attivamente con Radio Spazio Noi inBlu2000 e Radio Panorama.

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