Liturgicamente il culto del Sacro Cuore di Gesù (celebrato nel mese di giugno) nasce nel XVII secolo, precisamente con S. Giovanni Eudes (1601-1680) e Santa Margherita Maria Alacoque (1647-1690). Nel 1928 – in seguito ad altre approvazioni pontificie – Pio XI dà a questa festività un’importantissima dignità liturgica promulgando l’enciclica Miserentissimus Redemptor.

Perché la Chiesa ha solennizzato questo culto? Che cosa vuol dire per il cristiano contemplare il Cuore di Gesù? Rispondiamo a queste domande rileggendo innanzitutto un frammento del Vangelo di Giovanni: «Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua» (Gv 19,33-34).

L’immagine proposta dall’evangelista descrive l’ennesima tortura inflitta al corpo martoriato di Cristo. La lancia del soldato apre il cuore di Gesù dal quale sgorgheranno sangue e acqua, i simboli dell’eucaristia e del battesimo. Questa stessa immagine rivela però un altro particolare caratteristico di Dio: la Sua vulnerabilità. Egli, infatti, non esita nemmeno per un istante a farsi carico della Croce, a prendere su di sé tutti i nostri peccati perché potessimo essere salvati.

Da dove deriva allora questa ferita? Chi è il feritore? Gesù viene trafitto affinché mediante la ferita visibile del costato si manifestasse la ferita dell’amore. La ferita sul costato di Cristo, dunque, non rappresenta la singola ferocia di un soldato ma è il segno più concreto ed evidente dell’amore che Dio nutre per noi. È una logica un po’ strana per il nostro modo comune di vedere le cose, per noi che siamo abituati a leggere nella sofferenza l’assenza di Dio. Quante volte ci siamo chiesti, infatti, dove fosse Dio quando la morte ci privava degli affetti più cari? Ma dov’era Dio quando Cristo moriva in croce? Forse era presente proprio in quella lancia che apriva il costato del Figlio, per testimoniare ancora una volta il motivo di quella illogica sofferenza, e permettere all’uomo di poter entrare nel mistero di quel Cuore capace d’amore fino alla morte. «Qui la santità – affermava S. Giovanni della Croce – è tanto più fiorente quanto più profonda è la ferita».

La solennità del Cuore di Gesù ci invita, dunque, a farci parte di questo mistero, a contemplare il dono dell’Amore di Dio per noi che nella persona di Cristo si è fatto Carne. Questo è il centro, il cuore di tutto il cristianesimo che la Chiesa celebra durante tutto il mese di Giugno.

Di Michelangelo Nasca

Direttore Responsabile, giornalista vaticanista, docente di Teologia Dogmatica. È presidente dell’emittente radiofonica dell’Arcidiocesi di Palermo, “Radio Spazio Noi”, e dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *