Eccoci davanti alla lezione che è costruita su una parola che echeggia come ritornello: “scandalizzare”. In greco il termine skandalon indica una pietra che fa inciampare i passi del viandante. Vittime di questo attentato alla sicurezza e alla serenità sono i “piccoli” che nel linguaggio neotestamentario non sono solo i bambini – come comunemente spesso si dice -, ma sono il simbolo dei credenti dalla fede fragile e ancora insicura. Gesù lancia un appello per l’attenzione e la premura nei confronti di questi “piccoli”: essi hanno bisogno di una mano che li sostenga, di un occhio che li illumini, di un piede che sorregga i passi esitanti. Se la mano invece diventa causa di errore, se il piede intenzionalmente devia per far cadere il fratello più debole, si diventa come satana, il tentatore.
Gesù riserva una maledizione violenta a chi non si preoccupa della fragilità dei fratelli e li abbandona a se stessi o peggio col suo comportamento li conduce alla crisi totale. Cioè una forza esplosiva nelle nostre mani e nelle nostre parole: spesso anziché usarla per costruire e confortare, la usiamo per distruggere e spaventare. Il rispetto e la premura per gli altri, soprattutto i “piccoli”, cioè i fratelli in crescita di fede o in crisi, devono essere al centro dell’impegno pastorale della comunità cristiana.
Inoltre, nell’episodio descritto dal Vangelo di oggi, si parla del fatto che un tale, che non era dei seguaci di Gesù, aveva scacciato dei demoni nel suo nome. L’apostolo Giovanni, giovane e zelante come era, vorrebbe impedirglielo, ma Gesù non lo permette, anzi, prende spunto da quella occasione per insegnare ai suoi discepoli che Dio può operare cose buone e persino prodigiose anche al di fuori della loro cerchia, e che si può collaborare alla causa del Regno di Dio in diversi modi, anche offrendo un semplice bicchiere d’acqua ad un missionario. Sant’Agostino scrive a proposito: “Come nella Cattolica – cioè nella Chiesa – si può trovare ciò che non è cattolico, così fuori della Cattolica può esservi qualcosa di cattolico”.
Perciò, i membri della Chiesa non devono provare gelosia, ma rallegrarsi se qualcuno esterno alla comunità opera il bene nel nome di Cristo, purché lo faccia con intenzione retta e con rispetto. Anche all’interno della Chiesa stessa, può capitare, a volte, che si faccia fatica a valorizzare e ad apprezzare, in uno spirito di profonda comunione, le cose buone compiute dalle varie realtà ecclesiali. Invece dobbiamo essere tutti e sempre capaci di apprezzarci e stimarci a vicenda, lodando il Signore per l’infinita ‘fantasia’ con cui opera nella Chiesa e nel mondo.
Nella Liturgia odierna risuona anche l’invettiva dell’apostolo Giacomo contri i ricchi disonesti, che ripongono la loro sicurezza nelle ricchezze accumulate a forza di soprusi (Gc 5,1-6). Al riguardo, Cesario di Arles così afferma in un suo discorso: “La ricchezza non può fare del male a un uomo buono, perché la dona con misericordia, così come non può aiutare un uomo cattivo, finché la conserva avidamente o la spreca nella dissipazione” (Sermoni 35,4). Le parole dell’apostolo Giacomo, mentre mettono in guardia dalla vana bramosia dei beni materiali, costituiscono un forte richiamo ad usarli nella prospettiva della solidarietà e del bene comune, operando sempre con equità e moralità, a tutti i livelli.
Chiediamo al Signore, di diventare come i piccoli, per portare la sua parola a tutte le genti, e soprattutto invochiamo la presenza dello Spirito, affinché a tutti i credenti possa indicare la via del Vangelo. Amen!
Segui Porta di Servizio
Seguici sul nostro canale WhatsApp oppure qui t.me/portadiservizio sul gruppo Telegram.