Cosa ci fa l’immagine del pavone in alcune decorazioni artistiche di chiese, iconostasi, catacombe e sarcofagi monumentali, e soprattutto, perché accostarne la simbologia alla Resurrezione di Cristo? Potrebbe risultare, infatti, un paradosso, visto che l’immagine del pavone – noto per la sua spettacolare coda colorata – richiama il compiacimento personale e l’esteriorità di chi vuole apparire!

Il firmamento

Il simpatico volatile, originario dell’India, già nel V secolo avanti Cristo era particolarmente apprezzato dagli ateniesi, che erano disposti anche a pagare pur di contemplarne la naturale bellezza. La coda aperta del pavone richiamava il firmamento e gli occhi di Argo – il gigante dai cento occhi che la moglie di Zeus, secondo i racconti mitologici, pose sulle piume del pavone. Per alcuni movimenti religiosi di matrice greca, il pavone era diventato nel tempo il simbolo dell’immortalità e dell’onniscienza divina. Inoltre, l’aver osservato che le sue piume cadono in autunno per ricrescere in primavera ancora più belle di prima, portò i primi cristiani a rintracciare nel pavone il simbolismo della resurrezione.

La carne immarcescibile del pavone

Ma vi è ancora un importante dettaglio che portò la tradizione cristiana a reperire nel pavone l’immagine simbolica della resurrezione. La carne del pavone, infatti, si dice sia immarcescibile, che non può cioè marcire. Lo stesso S. Agostino ne constatò la veridicità facendone un personale esperimento, e conservando per diversi giorni un pezzo di carne di pavone arrostito; «dopo un periodo di giorni tale – scrive Agostino – che qualsiasi altra carne arrosto sarebbe imputridita, quella non offese affatto il nostro olfatto. Messo da parte, dopo più di trenta giorni fu trovato qual era e così dopo un anno, salvo che era di mole più secca e ridotta» (De Civitate Dei, XXI, 4.1).

Immortalità

Così, il pavone venne adottato come simbolo di vita eterna e rappresentato in bassorilievi e dettagli decorativi di basiliche e catacombe di tradizione cristiana.

Talvolta – come nell’immagine sopra rappresentata –, soprattutto nella tradizione occidentale, il pavone viene rappresentato in coppia, intento ad abbeverarsi al calice eucaristico o ad una fonte, simbolo di vita eterna.

Un’eredità incorruttibile

In questo concetto di immortalità – rappresentata simbolicamente con l’immagine iconografica del pavone – ben si adattano le parole dell’Apostolo Pietro, scritte nella sua Prima Lettera: «Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, in vista della salvezza che sta per essere rivelata nell’ultimo tempo» (1Pt 1,3-5).

Foto: pavimento musivo (1140) – Duomo di Murano

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Di Michelangelo Nasca

Direttore Responsabile, giornalista vaticanista, docente di Teologia Dogmatica. È presidente dell’emittente radiofonica dell’Arcidiocesi di Palermo, “Radio Spazio Noi”, e dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo.

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