La domenica delle Palme della Passione del Signore apre ufficialmente la Settimana Santa, ossia l’ultima parte della Quaresima che, congiungendosi con il Triduo Pasquale, porterà la Chiesa a celebrare la Risurrezione di Gesù Cristo. Una liturgia molto particolare, quella delle Palme, e di grande impatto: non solo ascolteremo il Vangelo in una forma “insolita”, ossia proclamato da tre lettori, ma vivremo la processione che ci aiuterà a commemorare l’ingresso del Signore a Gerusalemme.

Perché si chiama “delle palme”?

Il nome di questa domenica è dovuto proprio all’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme, preludio della sua Passione; ingresso che il Cristo compie a dorso di un asinello (come annunciato dal profeta Zaccaria), in occasione della festa delle Capanne che vedeva gli ebrei recarsi al tempio in processione (in ricordo dell’Esodo) portando il “lulàv”, un fascio composto da palme, cedro, morti e salice da agitare durante la preghiera.

Un racconto presente in tutti e quattro i vangeli, seppur con alcune differenze: Matteo (21, 8) parla “rami dagli alberi” tagliati e stesi per strada; Marco (11,8) di fronde tagliate nei campi; Luca (19,36) accenna ai mantelli mentre solo Giovanni (12,13) parla esplicitamente di “rami di palme”.

E allora perché l’olivo?

La liturgia prevede che la Chiesa celebri la commemorazione dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme con una processione, lì dove è possibile, che parte da un luogo al di fuori della chiesa e a cui partecipano i fedeli (dice il Messale romano) che “tengono in mano rami di ulivo o di palma”. Rami che indicano la gioia e la festa, ricordando la folla che accolse Gesù, e che vengono aspersi con l’acqua benedetta.

La lettera della Congregazione per il Culto divino “Paschalis solemnitatis” del 1988 parla genericamente di “rami di palma o di altri alberi” (n. 28) e non v’è dubbio che in Italia l’albero di olivo sia molto diffuso, da qui la tradizione di usarlo per questa domenica in modo alternativo alla palma che invece era più rara.

Una essenza dal forte valore simbolico (il richiamo alla pace) ma che non è certo estranea alla nostra fede. L’olivo compare più volte anche nelle Scritture: il salmo 52 parla di “olivo verdeggiante” mentre in Osea Israele avrà “la bellezza dell’olivo” (14,7), la colomba inviata da Noè dopo il diluvio tornerà con in bocca una “tenera foglia” dell’albero (Gn 8,11), a riprova che le acque si erano ritirate, e san Paolo nella lettera ai Romani cita due volte l’olivo innestato, mentre nel Siracide si fa riferimento a un “ulivo maestoso”. Infine è proprio è dall’ulivo che si trae l’olio che viene consacrato per ottenere gli oli santi (crisma, olio dei catecumeni e degli infermi), usati nei sacramenti.

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Di Roberto Immesi

Giornalista, collabora con Live Sicilia, è Revisore dei Conti dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia e Membro dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo.

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