Il tempo liturgico della Quaresima invita i cattolici a osservare il digiuno e l’astinenza, due pratiche che al giorno d’oggi potrebbero suonare come desuete o fuori moda ma che in realtà, se comprese nel loro significato più profondo, hanno ancora tanto da dirci e insegnarci. C’è chi digiuna per protesta, chi lo fa per motivazioni sociali o politiche ma il digiuno cristiano ha un significato assolutamente originale.

Cosa significano?

Iniziamo col dire, intanto, di cosa stiamo parlando. La Chiesa prescrive che il mercoledì delle Ceneri e il Venerdì santo si osservi il digiuno che, è bene precisarlo, non prevede l’impossibilità di mangiare o bere per tutta la giornata; consiste semmai nel consumare un solo pasto, il pranzo o la cena (non è proibito mangiare un po’ al mattino e alla sera), ma ne sono esclusi minorenni, gli ammalati, le donne in dolce attesa e gli over 60. L’astinenza invece (dai 14 anni in su) implica il non mangiare carne o comunque alimenti costosi e ricercati e va osservata non solo per le Ceneri e il Venerdì santo ma in tutti i venerdì di Quaresima, a meno che non coincidano con le solennità di san Giuseppe o dell’Annunciazione.

L’esempio di Gesù

Si tratta di due pratiche che rientrano, insieme alla preghiera e alla carità, nella prassi penitenziale della Chiesa e che quindi si vivono in maniera più sentita in Quaresima, tempo in cui siamo chiamati in modo più forte alla conversione del cuore.

Il digiugno era parte dell’esperienza religiosa del popolo di Israele e Gesù stesso digiunava. Lo fa per 40 giorni prima delle tentazioni (“Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”, Mt 4,4) e ci invita a non trasformare il digiuno in una auto-punizione, come ascolteremo nel Vangelo delle Ceneri: “E quando digiunate, non diventate malinconici come gli ipòcriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano. In verità io vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà” (Mt, 6, 16-18).

Un invito al digiuno che Gesù esplicita in Marco (“Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora, in quel giorno, digiuneranno”, Mc 2, 20) e che quindi rivolge ancora oggi alla Chiesa.

Perché digiunare?

Il digiuno cristiano, come ci insegna Gesù, non è un modo per punirsi, né può ridursi a una forma di auto-controllo ma ha un significato molto più profondo: è un modo (come spiega la Nota della Cei del 1994) per partecipare alla morte del Cristo, in cui siamo inseriti mediante il Battesimo, e per vivere la nostra nuova vita di figli di Dio. Un modo per ricordarci che il cibo, così come i beni materiali, non sono tutto nella vita (“Non di solo pane vivrà l’uomo ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”, Mt 4,4) e non possono diventare la nostra priorità che deve, invece, rimanere la relazione d’amore col Padre.

Ricordiamoci degli altri

Allo stesso modo, l’astinenza non significa che alcuni cibi siano sbagliati o cattivi in sé ma semplicemente ci aiuta a ricordare che possiamo farne a meno, come possiamo fare a meno di tutto tranne che dell’amore di Dio. Il digiuno e l’astinenza ci spingono a meditare che, se noi viviamo nell’abbondanza, tanti (in Italia come altrove) soffrono la mancanza dei beni più essenziali. Ecco allora che il digiuno cristiano, nella sua originalità, diventa strumento per alimentare la preghiera e la carità.

Digiunare sì, ma con “senso”

Diciamolo chiaramente: praticare il digiuno, l’astinenza o i così detti “fioretti quaresimali” e non partecipare alla santa Messa non avrebbe molto senso, così come senza accostarsi al sacramento della riconciliazione. Il fatto che i cristiani siano chiamati a digiunare e fare astinenza nei medesimi giorni serve a esplicitare che tutta la comunità cristiana è chiamata a una penitenza che implica la conversione del cuore e l’impegno a un rinnovamento spirituale.

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Di Roberto Immesi

Giornalista, collabora con Live Sicilia, è Revisore dei Conti dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia e Membro dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo.

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