In questi giorni si continua a parlare con entusiasmo del prete DJ che domenica 6 agosto ha offerto un insolito risveglio al milione e mezzo di giovane radunati al Parco Teje, il Campo della Grazia, in occasione della giornata finale della Gmg di Lisbona, proponendo un remix di musica techno. L’idea ha sorpreso tantissimi giovani, e ad alcuni è anche piaciuta.

Certamente viviamo in un’epoca dove le domande sul coinvolgimento pastorale dei giovani interrogano un po’ tutti: presbiteri e laici che operano nelle realtà ecclesiali sparse per il mondo e che provano a studiare qualche possibile strategia che favorisca l’incontro e il confronto con questa particolare fascia di età.

La domanda principale – che è anche il vertice della proposta evangelica rivolta ai giovani – , nonostante i repentini cambiamenti epocali, tuttavia è sempre la stessa: Chi vogliamo far incontrare ai nostri ragazzi?

Giovanni Paolo II, nella Lettera Apostolica ai giovani e alle giovani del mondo in occasione dell’anno internazionale della gioventù, commentando il brano evangelico del “Giovane ricco” (Mc 10,17-22), affermava che l’incontro tra Gesù e il giovane ricco è il «più completo e più ricco di contenuto. Si può anche dire che esso ha carattere più universale e ultratemporale, e cioè che vale, in un certo senso, costantemente e continuamente, attraverso i secoli e le generazioni. Cristo parla così con un giovane, con un ragazzo o una ragazza: conversa in diversi luoghi della terra, in mezzo alle diverse nazioni, razze e culture». «Ognuno di voi – concludeva il Pontefice rivolgendosi ai giovani – in questo colloquio è un suo potenziale interlocutore».

È chiaro, dunque, che se non è cambiata la prospettiva evangelica verso cui vogliamo orientare i giovani, non possiamo ritenere ingenuamente che l’annuncio di Cristo vada rimodulato e riproposto porgendo il fianco a discutibili dinamiche mondane.

Non possiamo commettere l’errore di adeguare i cambiamenti epocali alle prospettive dell’annuncio cristiano, anche a costo di essere “odiati”, così come Gesù stesso ricorda nel suo Vangelo: «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma vi ho scelti io dal mondo, per questo il mondo vi odia» (Gv 15,18-19).

Non sarà certamente un assolo di chitarra elettrica o un remix di musica techno che risveglierà nel cuore dei ragazzi il desiderio di Dio, anche se quella musica e i modelli in essa contenuti fanno parte del loro mondo! Ecco perché è importante riflettere su queste dinamiche, per non commettere l’errore di considerare il Vangelo una lettura del passato incapace di parlare al cuore dell’uomo.

Non è il Vangelo, la liturgia, la morale, la teologia che bisogna cambiare per dialogare con il mondo. Ancora nella Lettera Apostolica prima citata, di quasi trent’anni fa, Giovanni Paolo II non aveva paura di indicare ai giovani il “tesoro della coscienza”: «Ci troviamo qui in un momento cruciale, in cui ad ogni passo temporalità ed eternità si incontrano ad un livello che è proprio dell’uomo. È il livello della coscienza, il livello dei valori morali: questa è la più importante dimensione della temporalità e della storia. La storia, infatti, viene scritta non solo dagli avvenimenti, che si svolgono in un certo qual senso “dall’esterno”, ma è scritta prima di tutto “dal di dentro”: è la storia delle coscienze umane, delle vittorie o delle sconfitte morali. Qui trova anche il suo fondamento l’essenziale grandezza dell’uomo: la sua dignità autenticamente umana. Questo è quel tesoro interiore, per il quale l’uomo supera di continuo se stesso nella direzione dell’eternità».

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Di Michelangelo Nasca

Direttore Responsabile, giornalista vaticanista, docente di Teologia Dogmatica. È presidente dell’emittente radiofonica dell’Arcidiocesi di Palermo, “Radio Spazio Noi”, e dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo.

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