“Il bene comune è l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente” (Gaudium et Spes, 26).

Si tratta di un’espressione che sentiamo risuonare soprattutto nella Dottrina sociale della Chiesa che si occupa molto del bene comune che va inteso come un valore/ideale fortemente riconnesso alla sfera del sociale, del diritto, della politica, delle istituzioni ecc…

Per comprendere cosa sia il bene comune, possiamo ricorrere alla “teoria dei beni comuni” (commons). Per beni comuni vanno intesi tutti i beni che ci sono dati in dono e di cui ne usufruiamo tutti insieme (monumenti, strade, parchi, scuole, università, ospedali…). Il bene comune presuppone tanti ideali fra cui quello della solidarietà e della cura di tutto ciò che ci sta intorno; tuttavia esso si concretizza quando tutti i consociati (nessuno escluso) si prefissano l’obbiettivo di custodire un bene che è a disposizione del prossimo. Quindi si pongono in essere azioni di cura verso un “bene di tutti”. Salviamo i beni comuni e il bene comune nel momento in cui il corpo sociale è in grado di attribuire un valore più grande degli interessi privati, e una volta che abbiano visto riusciamo a decidere di fermarci, per esempio a fermarci prima che l’erba del pascolo finisca.

Inoltre il Bene comune è anche un bene fatto di rapporti umani fraterni, è una forma speciale di bene relazionale, in quanto sono le relazioni tra noi (fratelli e sorelle) che costituiscono il bene. A tal proposito, è doveroso citare Papa Benedetto XVI che in una sua lettera enciclica “Caritas in veritate” afferma: «Bisogna poi tenere in grande considerazione il bene comune. Amare qualcuno è volere il suo bene e adoperarsi efficacemente per esso».

In sintesi (anche se su questo principio ci sarebbe tanto da dire) il bene comune è garanzia del bene personale, familiare e associativo riconnesso ad un sano pluralismo sociale. Il bene comune trova la sua specificità, nel senso cristiano del termine, attraverso il concetto evangelico della carità in quanto è attraverso un’azione di carità che possiamo servirlo con impegno e vocazione in ogni contesto in cui ci troviamo.

In fine è opportuno ricordare che il bene comune presenta la sua storicità. È un concetto attenzionato dalla cultura cattolica, ma è Aristotele colui che iniziò a dare vita ad esso il quale considera “beni” i fini che l’uomo persegue nel suo agire. E considera che il fine più alto che l’uomo possa perseguire è la costruzione della polis, della città. Cioè, la politica. E dunque il bene comune. Il concetto di bene comune nella civiltà romana venne considerato come “bene della collettività” della Res Pubblica (si pensi agli scritti di Cicerone e Seneca).

Il Bene comune fu anche al centro dell’interesse nel XIII secolo con S. Tommaso d’Aquino, che lo riprende da Aristotele elaborandone – però – una sua visione dell’uomo e della comunità umana. Esso è presente anche nell’enciclica “Rerum Novarum” di Leone XIII, alla fine dell’Ottocento, nel Concilio Vaticano II, e, più recentemente, all’enciclica “Caritas in veritate”, di Benedetto XVI ed in fine è stato oggetto della 45° Settimana Sociale dei Cattolici italiani (“Il bene comune oggi: un impegno che viene da lontano”), che si tenne nel 2007.

Foto: Acli

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Di Catalin Dioguardi

Dottore in Giurisprudenza. Tutor presso la Lumsa Università, catechista e volontario in diverse associazioni.

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