La città era incantevole, i suoi fasti erano stati cantati da artisti rinomati e il tempo non aveva sgualcito la sua bellezza. In una sua piazza, però, la rivalità tra le bande di parcheggiatori avevo reso il clima particolarmente teso. Il motivo del contendere era la piazza che, per decenni, era stata gestita dalla stessa famiglia. Poi i rapporti nel clan si erano guastati e le due fazioni createsi al suo interno avevano deciso di spartirsi il territorio. L’una capeggiata da Saro e l’altra da Fofò.
Anche dopo la scissione le scaramucce reciproche non erano mancate, ma tutto si era risolto senza particolari drammi. Nel frattempo, Saro si era avvicinato alla famiglia Cannato, la più forte della provincia, ed era in procinto di affiliarvisi. Fofò, dal canto suo, non aveva mai spento il suo desiderio di rivedere lo storico territorio di famiglia riunificato sotto il proprio potere. Più volte aveva minacciato di riprendersi ciò che considerava suo, ma fino a quel momento il buon senso aveva prevalso.
Questo fino a quando Fofò non decise di passare dalle parole ai fatti. Mentre la città ancora dormiva, occupò la porzione di piazza gestita dalla famiglia rivale e la dichiarò sua. Quando l’indomani mattina Saro si affacciò sulla piazza, vi trovo i segni dell’invasione, le proprie insegne divelte e le macerie la facevano da padrone. Così, per prima cosa, chiamò a raccolta la famiglia Cannato, dichiarandosi pronto a entrare a farvi parte. Il tempo delle parole, però, era finito e la guerra scoppiò. Le sparatorie interruppero il clima di festa che fino ad allora si era respirato e le urla di gioia dei bambini cedettero il passo al rumore spietato delle schioppettate.
A farne le spese furono soprattutto i poveri cittadini che transitavano dalla piazza e che vivevano in quella porzione di città. Alcuni morirono, altri rimasero senza una casa. I bambini non poterono più andare a scuola e l’inverno diventò presto una via senza ritorno.
Le parti in causa cercavano di giustificare le rispettive azioni, facendo appello a valori alti e nobili. L’impressione di tutti, però, era che la posta in gioco fosse ben più alta della semplice piazza. Ma questo alla povera gente non interessava più di tanto. Alle tante anime indifese di quell’angolo di mondo interessava solo il buon sapore del pane della pace.
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Foto (Mondointasca): Kiev – Piazza Indipendenza