La nuova Cattedra episcopale dell’arcidiocesi di Agrigento, benedetta in questi giorni dal vescovo, monsignor Alessandro Damiano, non è proprio piaciuta. Le numerose esternazioni dei fedeli – lasciate anche tra i commenti del social network dell’arcidiocesi agrigentina – non lasciano dubbi sul flebile gradimento riscosso.
Anche le motivazioni provenienti dalla curia non sono riuscite a giustificare il disastro artistico operato dentro la Cattedrale, costruita tra il XII e XVII secolo. «Monsignor Damiano – riporta “Il fatto quotidiano” – fin dal suo arrivo ha manifestato la volontà di adeguare la cattedra episcopale ai principi del Concilio Vaticano II». La Commissione beni culturali «ha elaborato un progetto di adeguamento della cattedra alla luce delle indicazione dei documenti della Chiesa e dell’arcivescovo in dialogo con le esigenze di tutela manifestate dalla Soprintendenza ai beni culturali. La cattedra, realizzata alla fine degli anni 50, non era sottoposta a vincolo».
Motivazioni, tuttavia, che non riescono a placare lo sdegno dei fedeli. Del resto, basta mettere a confronto le due immagini del seggio episcopale (prima e dopo “l’adeguamento”) per rendersi conto della sproporzione artistica in termini di bellezza e solennità.
L’arte – diceva il pittore Marc Chagall – «è lo sforzo incessante di competere con la bellezza dei fiori, e non riuscirci mai». Mentre, il grande drammaturgo “agrigentino”, Luigi Pirandello, ricordava: «Moderno è il nuovo per forza, chi non ha originalità e vorrebbe dimostrar d’averne».
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Foto di copertina: La Voce dell’Jonio