Il green pass a Messa, sì o no? La domanda fa capolino a ogni ondata di contagi da Covid-19 e non manca di aprire un serrato dibattito non solo fra credenti e non credenti, ma anche all’interno del mondo cattolico tra chi vorrebbe misure più severe per tutelare la salute collettiva e chi invece invoca una sorta di autonomia dalle decisioni dello Stato. Un tema così divisivo che nel 2020 (prima della firma del protocollo d’intesa governo-Cei) perfino fra i vescovi si levò qualche voce di dissenso, messa a tacere solo da un intervento risoluto di Papa Francesco.

La domanda non è così banale e merita un supplemento di riflessione. Premetto due cose: la prima è che sono un operatore pastorale della mia parrocchia e in questa veste più volte mi sono trovato a dover richiamare l’attenzione al corretto uso della mascherina o al rispetto del distanziamento, a costo di attirarmi qualche occhiataccia; la seconda è che ho fatto la terza dose del vaccino ben prima della stretta decisa dal governo, uso sempre la mascherina e provo a rispettare scrupolosamente tutte le regole.

Detto questo, secondo me imporre il green pass per andare a Messa sarebbe un errore. Cominciamo col dire che la libertà di culto è uno di quei diritti tutelati dalla Costituzione proprio perché la dimensione religiosa, indipendentemente dalla confessione professata, non è paragonabile all’andare al cinema o al teatro ma è qualcosa di molto più profondo e sentito; pensare di limitarla in qualche modo creerebbe un precedente molto pericoloso. Nella primavera del 2020 nei fatti la libertà di culto fu in qualche modo sospesa, visto che per diversi mesi non si poteva partecipare alla Messa ma soltanto guardarla in televisione o sul web, ma fu un provvedimento preso d’urgenza (l’intero Paese era chiuso) e comunque molto limitato nel tempo, anche a dimostrazione della disponibilità della comunità ecclesiale a partecipare in modo fattivo allo sforzo collettivo della società nel contrasto alla pandemia.

Oggi la situazione è fortunatamente molto diversa: abbiamo i vaccini, conosciamo meglio il virus e sappiamo come contenerlo. Peraltro per diversi mesi le chiese hanno continuato a rispettare le regole pensate nel pieno della pandemia, anche quando le restrizioni sono state alleggerite per molti altri luoghi e molte altre attività; una “severità” secondo me corretta non solo perché come cattolici siamo chiamati a dare il buon esempio, ma anche perché come Chiesa abbiamo il dovere di offrire ai più fragili un luogo sicuro e che non li esponga a inutili rischi.

E’ vero, il green pass è necessario per recarsi al lavoro ma imporlo anche per la Messa significherebbe rischiare di escludere chi non può permettersi il costo economico di continui tamponi e magari non può vaccinarsi anche per motivi di salute; cosa che non capita sui luoghi di lavoro dove si riceve uno stipendio e i soggetti più fragili possono accedere a uno smart working o addirittura essere esentati (e guardare la Messa in tv non è nemmeno paragonabile a una piena, attiva e consapevole partecipazione alla liturgia).

Va bene così, allora? No, perché sebbene pensi che il green pass per la partecipazione alle funzioni religiose sarebbe un errore, al tempo stesso penso che le regole previste dal protocollo del 2020 fra governo e Cei vadano applicate con attenzione, cosa che spesso non capita. Mi è successo di partecipare a qualche celebrazione in parrocchie diverse dalla mia e solo in alcuni casi ho visto rispettare le regole; troppe volte le chiese sono piene oltre il limite o non vengono arieggiate magari per il freddo, troppe volte le persone sono sedute troppo vicine, non indossano correttamente la mascherina e non igienizzano le mani, né all’ingresso né quando capita loro di toccare il naso o la bocca. Va peggio (ahimè) quando si tratta dei sacerdoti: alcuni, in base a fantasiose interpretazioni delle circolari governative, si sentono in diritto di non usare la mascherina all’altare, altri non fanno rispettare le regole (come la comunione al posto) e altri ancora, nei casi peggiori, non si vaccinano o addirittura sconsigliano la vaccinazione. Difficile poi rimproverare i fedeli, se non si dà per primi il buon esempio.

Ricapitolando: dico no al green pass a Messa, ma dico anche che troppo spesso nelle parrocchie (ma anche nelle Cattedrali e perfino a San Pietro) non si rispettano le regole come si dovrebbe. Bisogna allora ribaltare gli obblighi non imponendoli ai fedeli, ma semmai ai sacerdoti e a chi compie un servizio nelle parrocchie costringendo questi ultimi (presbiteri e laici impegnati) a vaccinarsi e a rispettare (e far rispettare) tutte le regole. Un aspetto su cui i vescovi non hanno finora avuto abbastanza coraggio, dimenticando che sacerdoti e operatori pastorali hanno a che fare con bambini, anziani e ammalati, cioè con i soggetti più fragili che non possono correre rischi per colpa nostra.

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Green pass a Messa? Le ragioni del sì

Di Roberto Immesi

Giornalista, collabora con Live Sicilia, è Revisore dei Conti dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia e Membro dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo.

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