«Eliminare un simbolo, spegnere un motore del riscatto sociale del quartiere Brancaccio e di Palermo». Fu questo, l’obiettivo non riuscito – secondo il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella – che portò la criminalità mafiosa ad uccidere «con vigliaccheria e ferocia» don Giuseppe Puglisi.

Nella ricorrenza del trentesimo anniversario del martirio del Beato Pino Puglisi, il Capo di Stato italiano ha voluto ricordare la figura luminosa del Parroco di Brancaccio con una lettera inviata all’Arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, pubblicata nel sito dell’Arcidiocesi e qui riportata integralmente.

I killer mafiosi uccisero don Pino Puglisi con vigliaccheria e ferocia, tendendogli un agguato mentre la sera tornava nella sua casa, sempre aperta a chi aveva bisogno. Ma ciò che la mafia voleva ottenere con quel brutale assassinio — eliminare un simbolo, spegnere un motore del riscatto sociale del quartiere Brancaccio e di Palermo — non l’ha conseguito. La testimonianza di don Puglisi è divenuta ancor più di esempio, la sua opera di educatore alla libertà si è propagata, i semi da lui gettati sono cresciuti nelle coscienze di tanti cittadini, soprattutto dei giovani a cui ha dedicato il sacrificio della sua vita.

Oggi don Puglisi è simbolo di libertà laddove tenta di imporsi l’oppressione criminale, simbolo di uguaglianza e giustizia dove l’emarginazione segna le relazioni sociali, simbolo di amicizia e solidarietà dove talvolta appare difficile contrastare la subcultura della violenza.

I valori evangelici che animavano la sua azione quotidiana trovano corrispondenza nei valori civili espressi nella Costituzione repubblicana. Questo aspetto sottolinea come don Puglisi sia anche un eroe civile.

La Repubblica è riconoscente a don Pino Puglisi e lo ricorda con commozione a 30 anni dalla morte. La memoria del suo appassionato impegno per il diritto di ogni persona a una vita degna costituisce un ancoraggio e un impulso costante alle Istituzioni, alle forze sane della società, ai singoli cittadini per operare nella legalità e nella giustizia.

Don Puglisi era nato a Brancaccio e vi era tornato per svolgere il suo servizio pastorale. Proprio questo suo radicamento esprimeva un significato e una forza che i capi mafiosi – mandanti dell’esecuzione – non riuscivano a tollerare. Don Puglisi dimostrava con le parole e con i fatti che è giusto resistere e ribellarsi alle logiche criminali, che la mafia può e deve essere sconfitta perché quelli in gioco sono i diritti elementari e la dignità stessa di tutti gli esseri umani.

Per tutte queste ragioni l’insegnamento di don Pino Puglisi continuerà a vivere nella Comunità nazionale, generando ancora responsabilità e speranza.

Foto: Ansa

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