La Disputa del Sacramento risale al periodo romano di Raffaello.

Fu nel 1508 quando il pittore lasciò Firenze per servire Giulio II il quale gli commissionò la decorazione delle stanze vaticane tramite Bramante, parente del papa e amico dell’artista. Quando Raffaello giunse a San Pietro, trovò che gran parte delle stanze che avrebbe dovuto decorare erano già affrescate, tra l’altro anche dal suo maestro Piero della Francesca. Nonostante ciò il giovane artista, seguendo l’ordine del pontefice, non si fece nessuno scrupolo nel compiere il gesto “vandalico” di coprire le precedenti opere per potere realizzare le sue.

L’affresco, oggetto del nostro studio, fu realizzato tra il 1508 e il 1511, presumibilmente nel 1509, nella stanza che passò alla storia come della Segnatura, perché ivi il pontefice collocò il tribunale della signatura gratiae. Le personificazioni della Filosofia, della Teologia, della Giustizia e della Poesia, dipinte sulla volta, costituiscono il fulcro ideologico e celebrativo delle sensibilità del pontefice, mentre i dipinti sulle pareti svolgono gli stessi concetti esemplificandoli in scene che uniscono in un solo sguardo il sapere teologico, filosofico e scientifico, assieme a quello giuridico e poetico, per esprimere una fiducia nell’intelletto umano che mai più nell’arte figurativa verrà raggiunta in maniera così mirabile. Sotto il tondo della Teologia e collegata anche al Peccato Originale – evento che rese necessaria l’Incarnazione del Figlio di Dio per la nostra redenzione – è collocata La Disputa del Sacramento, una animata assemblea che, radunatasi attorno al Sacramento dell’altare, riunisce la Chiesa Terrena e quella del Cielo.

La composizione è nettamente suddivisa tra il piano del Cielo e quello della Terra. Collocato in un medaglione luminoso è il Cristo risorto che mostra le stigmate della sua Passione; ai suoi lati Maria sua Madre e il Battista. Il contesto liturgico in cui è ambientata la scena infatti, ci mostra come la morte e la risurrezione del Signore non sia affatto una questione estranea alla Chiesa ma qualcosa alla quale partecipiamo e che ci include in un vortice che ci possiede. I battezzati, i santi, si riuniscono a celebrare il Crocifisso Risorto e ne condividono la vita. La comunione eucaristica, richiamata da quell’ostia solennemente esposta sulla mensa, rappresenta l’espressione più profonda del rapporto che unisce il credente a Cristo. Sopra il Risorto, è raffigurato Dio Padre benedicente e sotto, lo Spirito Santo attorniato da angeli che reggono aperti i quattro Vangeli e i cui raggi sono indirizzati verso l’Eucarestia. L’ostensorio è poggiato su una base romboidale, come romboidale è l’aureola del Padre, segno di perfezione.

L’Eucarestia non è semplicemente orientamento dei cristiani per ringraziare il Padre del dono di aver disposto di Gesù in maniera tale da offrirsi a noi totalmente, ma anche l’aiuto a praticare diverse forme di comunione umana da offrire allo Spirito: Dio infatti è Spirito e dev’essere adorato in spirito e verità (Cf. Gv 4,24). Il vivere cristiano è dunque misterico, perché non solo partecipiamo alla vita del Risorto, ma anche perché partecipiamo di questa vita mediante il celebrare liturgico e, cioè nel segno. La liturgia ci avvolge in una tensione trinitaria, per cui facciamo memoria delle azioni di Cristo attingendo alla Parola, e mediante l’Epiclesi, l’Eucarestia è destinata a concretizzarsi anche in una forma di vita ecclesiale che diviene dossologia al Padre.

Sul piano celeste attorniano il Cristo Risorto, non solo i santi sopracitati ma anche San Pietro e Paolo; Adamo; San Giovanni Evangelista; Re David; San Lorenzo; Geremia; Giosuè; Santo Stefano; San Giacomo; Abramo. Sotto di loro, su un piano pavimentato, sono collocate le figure che rimandano alla Chiesa Terrena. Novità però è che tra personaggi storicamente noti come Dante, Giulio II, Sisto IV e l’amico Bramante – il quale essendo parente del pontefice è rappresentato con i colori della famiglia, giallo e blu, gli stessi con i quali da quel momento l’iconografia occidentale rappresenterà l’Apostolo Pietro – sono collocati anche diversi santi, quali i quattro maggiori dottori della Chiesa; San Tommaso d’Aquino e San Bonaventura da Bagnoregio, forse ad evidenziare un legame tra la Chiesa pellegrinante e gloriosa, nella Communio Sanctorum realizzata nell’Eucarestia. È così rappresentata quella tensione tra il “già” e “non ancora” di cui l’Eucarestia si fa pegno che prepara, pregusta e orienta la Chiesa al Convito Eterno. Nell’attingimento dei sacramenti infatti, l’esperienza del Risorto è la nostra e tale comunione con Lui, ci pone in relazione con le altre Persone della Santissima Trinità, stabilendo altresì un rapporto nuovo con gli uomini. La vita liturgica si connota dunque, come quel peregrinare storico della Chiesa nella Pasqua: tutti siamo in Cristo e siamo Cristo.

In alto a destra sono raffigurati i tre Arcangeli e a sinistra tre angeli che personificano le tre virtù teologali, indossando vesti i cui colori (verde per la speranza, bianco per la fede e rosso per la carità) sono immediatamente riconoscibili. Non risulterebbe forzato il riferimento al XXIX canto del Purgatorio in cui il sommo poeta, Dante Alighieri, immagina la Chiesa avanzare verso il cielo come un glorioso corteo in cui compaiono le figure allegoriche delle virtù cardinali e teologali. È la Liturgia «il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia» (SC 11). Sullo sfondo, infine, a sinistra un edificio in costruzione – probabilmente la basilica Vaticana che a quei tempi era in fase di riedificazione – e a destra un’imponente struttura quadrangolare, la quale richiama figurativamente la Chiesa, fondata sulla fede dell’Apostolo Cefa (Cf. Mt 16, 13-20). È intimissimo difatti il rapporto che lega L’Eucarestia e la Chiesa. È l’Eucarestia che fa la Chiesa nel coinvolgerla nel mistero salvifico che trova capitolazione in Cristo. È la Chiesa che fa l’Eucarestia, nell’azione credente di reiterare il Sacrificio Eucaristico secondo il comando del Signore e lasciando che la vita intradivina possa esprimersi nel suo configurarsi comunitario.

Foto tratte da wga.hu

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Di Eduardo Guarnieri

(1998), studente di sacra teologia, si interessa dello studio che intercorre tra l’arte e la fede.

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