Con la celebrazione della Messa Crismale hanno avuto inizio i riti della Settimana Santa. Attorno al numeroso presbiterio di Palermo, l’Arcivescovo, monsignor Corrado Lorefice, ha incentrato la sua omelia sulla testimonianza presbiterale del Beato Pino Puglisi.

È stato un ricordo commosso e riconnesso al trentennale del martirio di don Puglisi, che la chiesa palermitana si appresta a celebrare. L’ Arcivescovo – descrivendo Puglisi come figlio della nostra chiesa che ci è stato dato come esempio – si è soffermato sul fatto che il beato presbitero siciliano ebbe modo di vivere e celebrare per ben trentadue volte la messa Crismale nella Chiesa Cattedrale di Palermo, motivo per cui tutti noi – ha detto monsignor Lorefice – lo sentiamo vicino e lo consideriamo un dono.

L’Arcivescovo ha ricordato il valore ecclesiale contenuto nelle “tre P” del nome che don Puglisi stesso simpaticamente si attribuiva: la prima P è la Preghiera, con chiaro riferimento alla preghiera eucaristica che nutre la vita sacerdotale; la seconda P è quella dei Poveri,ovvero una lettera che deve farci riflettere molto e aprire ad uno stile pastorale sempre più incentrato sui poveri; la terza P è quella di Presbiterio,con un chiaro riferimento alla fraternità presbiterale.

Nell’omelia risuona la parola pienezza di Dio che viene accostata alla vita sacerdotale di don Pino. «Impariamo oggi, – afferma Lorefice – da questo suo atteggiamento, la pazienza di Dio verso ognuno di noi, la pazienza che deve appartenere in maniera speciale ai Presbiteri. Impariamo da don Pino, miei cari fratelli Presbiteri, la speranza indomita che i cuori degli uomini non sono chiusi per sempre».

«Dobbiamo consegnarci, – ribadisce Lorefice – come Gesù, al mondo, agli uomini e alle donne con cui condividiamo le nostre esistenze, per contribuire a scrivere una storia diversa. Ricordiamoci anche qui di Don Pino. Inviato a Brancaccio, egli consegnò il suo corpo per trasformare i corpi segnati dalla schiavitù e dalla morte in Corpo di Cristo. Don Puglisi diceva: “Solo se si è amati si può cambiare; è impossibile cambiare se si è giudicati. Si può contribuire a cambiare qualcuno solo se gli si esprime il proprio amore, e nel proprio amore gli si dice: appunto perché ti voglio bene così come sei, desidero per te che tu cambi” (Si può cambiare solo se amati, in F. Deliziosi, Se ognuno fa qualcosa, 536)».

Particolarmente significativa – ha ricordato infine l’Arcivescovo – l’esposizione in Cattedrale della copia del Vangelo che 29 anni fa venne posto nella bara del parroco di Brancaccio.

Foto: Antonio Di Giovanni

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Di Catalin Dioguardi

Dottore in Giurisprudenza. Tutor presso la Lumsa Università, catechista e volontario in diverse associazioni.

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