Quella che stiamo per proporvi è una elle pagine più struggenti de “Le avventure di Pinocchio”. In essa, possiamo cogliere il dramma della libertà dell’uomo, la lotta interiore tra il bene e il male. Potremmo definirla la scena della “grande tentazione”. Pinocchio, infatti, incontra Lucignolo pronto a partire per il Paese dei Balocchi e viene travolto dall’affascinante invito del cattivo compagno…

— Vado ad abitare in un paese… che è il piú bel paese di questo mondo: una vera cuccagna!…

— E come si chiama?

— Si chiama il «Paese dei balocchi». Perché non vieni anche tu?

— Io? no davvero!

— Hai torto, Pinocchio! Credilo a me che, se non vieni, te ne pentirai. Dove vuoi trovare un paese piú sano per noialtri ragazzi? Lí non vi sono scuole: lí non vi sono maestri: lí non vi sono libri. In quel paese benedetto non si studia mai. Il giovedí non si fa scuola: e ogni settimana è composta di sei giovedí e di una domenica. Figurati che le vacanze dell’autunno cominciano col primo di gennaio e finiscono coll’ultimo di dicembre. Ecco un paese, come piace veramente a me! Ecco come dovrebbero essere tutti i paesi civili!…

— Ma come si passano le giornate nel «Paese dei balocchi»?

— Si passano baloccandosi e divertendosi dalla mattina alla sera. La sera poi si va a letto, e la mattina dopo si ricomincia daccapo. Che te ne pare?

— Uhm!… — fece Pinocchio; e tentennò leggermente il capo, come dire: — «È una vita che la farei volentieri anch’io!»

— Dunque, vuoi partire con me? Sí o no? Risolviti.

— No, no, no e poi no. Oramai ho promesso alla mia buona Fata di diventare un ragazzo per bene, e voglio mantenere la promessa. Anzi, siccome vedo che il sole va sotto, cosí ti lascio subito e scappo via. Dunque addio, e buon viaggio.

— Dove corri con tanta furia?

— A casa. La mia buona Fata vuole che ritorni prima di notte.

— Aspetta altri due minuti.

— Faccio troppo tardi.

— Due minuti soli.

La scena non si conclude qua. Nel prosieguo del racconto Pinocchio torna a parlare con Lucignolo e dopo tante esitazioni decide di accompagnarlo nel Paese dei Balocchi.

Scrive Giacomo Biffi nel suo famoso commento teologico a “Le avventure di Pinocchio”: “Oramai ho promesso… oramai è la parola tragica, la più tragica di tutto il colloquio. È il pentimento a rovescio, il rimpianto del bene compiuto, la tristezza di essere stati buoni, la malinconia di trovarsi dalla parte della verità. Se questo sentimento è accolto e consapevolmente condiviso, la catastrofe interiore è già in atto. Quando si insinua nell’animo il tedio di Dio e della sua troppo grande e troppo lontana ricchezza, e ci si abbandona a questo malessere dello spirito, c’è già una implicita ma efficace invocazione al nemico di Dio, il quale non tarderà a comparire” (G. Biffi, Contro maestro Ciliegia).

Pinocchio rappresenta nitidamente la dignità di ogni singolo uomo libero e la sua capacità di scegliere tra il bene e il male. Se la libertà è redenta dal sacrificio di Cristo e supportata dalla sua grazia (e secondo la fede cristiana “è così”!) allora l’uomo può decidere (senza alcuna divina costrizione) di abbracciarla pienamente, piuttosto che rimanere schiavo del “Nemico”!

Foto: Pinocchio della Walt Disney

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Di Michelangelo Nasca

Direttore Responsabile, giornalista vaticanista, docente di Teologia Dogmatica. È presidente dell’emittente radiofonica dell’Arcidiocesi di Palermo, “Radio Spazio Noi”, e dell’Unione Cattolica Stampa Italiana (UCSI), sezione di Palermo.

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