Abbiamo chiesto a Giuseppe Marinaro, giornalista dell’Agenzia Giornalistica Italia (AGI), un personale contributo, su una tematica che in questi giorni fa discutere.

Per partecipare alle celebrazioni in chiesa non serve il Green pass. Nonostante gli aumenti dei contagi e le misure introdotte per rafforzare la “super certificazione verde”, questa non è richiesta a Messa – e nemmeno un tampone – perché vige ancora il protocollo d’intesa fra Cei e governo siglato nel maggio 2020, integrato con le successive indicazioni del Comitato tecnico-scientifico.

La Conferenza episcopale italiana rivendica questa specialità, richiamandola in questi giorni mentre l’esecutivo ragiona su una ulteriore stretta. Il protocollo prevede che l’accesso ai luoghi di culto venga effettuato in modo da evitare assembramenti; che la distanza tra le persone debba essere di almeno un metro sia lateralmente sia frontalmente, che chi accede ai luoghi di culto debba indossare la mascherina per coprire naso e bocca.

Tutto a posto, quindi? Niente affatto secondo me. Io sono cattolico praticante e pensante e questa cosa che ancora la Cei ribadisca che per la Messa non serva il green pass in ogni sua forma, non va giù. Viene chiesto ai lavoratori, cioè alla gente normale… io stesso controllo chi accede nella mia redazione… Insomma, per i comuni mortali è un dovere civico e sociale, condizione persino per lavorare, quindi per vivere, ma non lo diventa più quando si frequentano i banchi lucidi di una chiesa. Come se la fede fosse un magico rituale capace di tenere a bada il covid e soprattutto quello scatto di coscienza necessario per tutelare se stessi e gli altri. Questo ‘scalone’ della responsabilità è incomprensibile. Lo stesso Papa ha insistentemente raccomandato la vaccinazione come segno di amore per se stessi e per gli altri, come un elementare dovere di cura.

Con alcuni colleghi è iniziato un improvvisato confronto sul tema. Una di loro che stimo molto per equilibrio e solidità di argomentazioni, impegnata in una delle diocesi siciliane, mi ha fatto riflettere sul fatto che una posizione e una scelta diverse avrebbero rappresentato “un segnale di condivisione e pedagogico importante”. È stata, insomma, “un’occasione persa per la Chiesa italiana. Avrebbe creato delle frizioni? Ci sarebbero state polemiche da parte di quella parte di Cattolici (sigh!) che hanno rimproverato la Chiesa di essersi piegata alle regole dello Stato (doppio e triplo sigh) e di aver chiuso le porte delle Chiese per mancanza di fede? Tanto non li recupereremo mai”.

Un amico, un ingegnere di Palermo che vive e lavora a Londra, parte da più lontano per arrivare allo stesso punto fondamentale: l’idea dell’individuo onnipotente (cioè che può fare sempre ciò che vuole scavalcando qualunque regola o vincolo) e onnisciente (cioè che è in grado di conoscere e capire sempre ogni cosa in ogni contesto) “è profondamente sbagliata”.

La Chiesa stessa “ci potrebbe aiutare a ricordarlo, che la nostra presunzione (di onniscienza e di onnipotenza) non è d’aiuto, né per l’individuo né per la comunità”. Invece sembra che la Chiesa “approfitti della sua condizione speciale di aggregatore sociale (grazie alla quale le celebrazioni religiose non sono sottoposte alle stesse regole asettiche che lo Stato detta per teatro, cinema, concerti e altre occasioni non religiose), ma non voglia contribuire allo sforzo della comunità di combattere il virus, che in poche parole equivale a salvare vite umane”.

Non è una scelta da poco. Non lo è ritenere le chiese come case in cui godere di una particolare indulgenza che lava virus, ipocrisie e libera da responsabilità che all’esterno tutti si assumono e sono chiamati ad assumersi. Ha detto Papa Francesco che ci troviamo “sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme”. Perché, il fatto è che questa scissione tra vita di fede e mondo, contribuisce a indebolire il senso del bene comune, alimenta una schizofrenia individuale e collettiva che allarga la distanza rispetto al quotidiano degli uomini e per questo accresce l’irrilevanza morale di chi può dire, invece, qualcosa di significativo all’uomo, e da questi farsi ascoltare, a condizione che si ponga al suo fianco, facendo proprie le sue fatiche, le sue speranze e i suoi doveri. Compreso il super green pass.

Immagine: Adnkronos

Green pass a Messa? Le ragioni del no

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