“Ho proprio bisogno di un tavolo nuovo per il salotto”, pensò la fata Pasticciona guardando sconsolata i graffi e le crepe che ricamavano il ripiano sotto i suoi gomiti.
Entrando nella bottega del Falegname posò borsetta e mantellina su una seggiola. La seggiola era stata riparata da pochi minuti. Il mastice non aveva ancora fatto salda presa nelle giunture tra le parti sostituite quindi, con un gran PATATRACK, le gambe cedettero, sparpagliando a terra il contenuto della borsetta. “Scusatemi tanto” mormorò la fata Pasticciona chinandosi a raccogliere boccette, foglietti e ogni tipo di cianfrusaglia che, sfruttando l’insperata occasione, cercava di sgranchirsi un po’ rotolando o svolazzando in tutta la stanza.
Quando finalmente la fata Pasticciona uscì dalla bottega del Falegname, dopo aver fatto l’ordinazione e combinato qualche altro piccolo disastro, rimase sul pavimento un barattolo di “Polvere libera tutti”, che si era infilato chissà come sotto la credenza, accanto alla porta. Quella notte il topo Ernesto, uscendo dalla tana, inciampò nel barattolo. Il coperchio si svitò ed una polvere argentea, presa dallo spiffero che soffiava da sotto la porta, cominciò a volare per tutta la bottega. Gli oggetti su cui si posava, come ridestati da un lunghissimo sonno, si scrollarono, si stiracchiarono e poi cominciarono a muoversi. “Frammm, frammm, frammm”, fecero i denti della Lima e, trovato il manico della scopa, cominciarono a limarlo. “Toc, toc, toc”, fece la bocca del Martello contro lo scaffale, mentre la sua penna biforcuta si protendeva con bramosia verso dei chiodini infissi nel muro. Dal cassetto le Viti uscirono in formazione da battaglia e si lanciarono contro tutto quello che capitava, avvitandovisi addosso a tal punto che, né loro né il malcapitato riuscivano più a muoversi.
Chissà poi perché le viti si comportano così? Forse non possono soffrire il modo come gli altri si muovono, o forse sono davvero un po’ svitate!
“Ahi, ahi, ahi…” cominciò a gridare il Tubetto di colla, mentre la Tenaglia lo “mordeva” con le robuste ganasce. Insomma… ogni volta che la “Polvere libera tutti” raggiungeva un angolo tranquillo della bottega, subito gli oggetti prendevano vita e cominciavano a combinare le cose più assurde, smaniosi di provare ogni tipo di movimento, così come pareva e piaceva loro, presi dall’euforia di non dover obbedire alle mani di qualcun altro. Il topo Ernesto lì per lì provò una gran paura a causa della baraonda che si stava verificando e pensò bene di rintanarsi nel suo rassicurante buco.
La Pialla, che conosceva così bene le mani del Falegname e giorno dopo giorno si era lasciata usare, assecondando le forti braccia di lui, non appena venne toccata dalla polvere magica si diresse verso quattro grossi tronchi gibbosi. Questi erano appoggiati in un cantuccio, preparati lì dal Falegname per iniziare, fin dal mattino presto del giorno dopo, la costruzione del tavolo commissionato dalla fata. Dopo averli osservati a lungo la Pialla si lasciò andare ai soliti ben noti movimenti. Prese a staccare grossi pezzi di corteccia dai duri tronchi. Più il lavoro si faceva pesante, più provava un gran gusto nel fare le solite vecchie cose. Non sapeva il nome di quella nuova emozione, tuttavia non riusciva a contenere la gioia nello scoprire di essere capace di agire autonomamente. In poco tempo, dai quattro grossi ceppi ricavò altrettanti cilindri ben sagomati. La Lima, che aveva osservato con curiosità il lavoro della Pialla, volle provare anche lei. Cominciò a rifinire i quattro cilindri, esattamente allo stesso modo in cui l’avrebbe fatto se a guidarla fosse stato il Falegname. Li trasformò in quattro lisce ed eleganti gambe da tavolo. Così fece anche la Sega, così i Chiodi, così i Pennelli che con eleganti saltelli si immersero nella vernice ed eseguirono le loro danze sulle superfici levigate poco prima dall’infaticabile Carta Vetro. “Che bella sorpresa faremo al nostro Falegname”, pensò la Colla, mentre si spremeva lungo il bordo di un’asse di rinforzo.
Il topo Ernesto, incuriosito dai nuovi rumori che non erano più generati dal trambusto, ma che ricordavano il ben noto, ritmato armeggiare mattutino, fece capolino dal suo piccolo buco. Vide cento e cento utensili che si affannavano al centro della stanza, dove prendeva forma un grande e bellissimo tavolo. Scorse il barattolo della “Polvere libera tutti” oramai vuoto e pensò:”Questa magia non serve proprio a nulla! Ora che finalmente potrebbero fare tutto quello che gli pare e piace si mettono a fare le solite cose di tutti i giorni”.
Così il topo Ernesto, sfuggito agli effetti della polvere magica, non riuscì a comprendere quello che tutti riescono a capire, nella giovinezza o nella tarda età, a seconda di quanto hanno assecondato “le mani” di chi li ha creati: la libertà ha bisogno di uno scopo, uno scopo rende appassionante ogni gesto, ma soprattutto, quando si ama, la libertà la si usa tutta per servire.
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